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di Sara Datturi

 

Giornate che scorrono veloci con un sole romano ancora caldo, vita che si trasforma e muta, rumori e ricordi di un orizzonte senza confine dove tutto torna perfettamente in ordine. Turbini emotivi che si muovono repentini dentro un noi che cambia, sapori nuovi, odori che diventano improvvisamente impossibili, visi di signore fiere e belle nei loro ottantanni che ritornano a vivere.
Augusta, 84 anni, ha le unghie dipinte di un rosso fuoco, sempre ben vestita, è elegante anche quando indossa la cuffia di plastica da piscina e gli occhiali rosa, in tinta perfetta con il suo costume ultima generazione. È la mia compagna di nuoto la mattina, mi chiama tesoro, mi racconta della sua vita. Lei che è rimasta vedova a 37 anni, che ha lasciato il suo pease arroccato sugli Appenini marchigiani per trasferirsi a Roma con i suoi tre figli. In una Roma che nel dopoguerra brulicava ancora di povertà e voglia di riscatto, trova lavoro in una latteria la mattina e una sartoria al pomeriggio. Iscrive i suoi bambini a scuola, imparano veloce e anche lei riesce a gioire vedendoli crescere. Lavora tanto, anche fino a tardi, ma non le pesa, riesce fin da subito a trovare un gruppo di altre signore nel suo vicinato con cui condividere la quotidianità e anche ballare sotto le stelle. Risparmia e riesce a comprare una televisione, un frigorifero, crea con stoffe colorate nuovi vestiti per i suoi figli, impara la storia e la letteratura dai loro libri, sogna di poter ritrovare il suo amore perduto. Il tempo passa, i figli crescono, si sposano, lei si interessa di arte e di musica, alla nascita del suo secondo nipote entra in conservatorio e finalmente può dedicarsi al secondo amore della sua vita, il pianoforte.
Augusta è una pianista che ama il nuoto, che a 84 anni ha dei muscoli invidiabili, una carica energetica unica, un cuore capace di leggere la musica del mondo. Assieme a lei, il nostro team di nuoto della mattina si compone di Bianca, originaria di Napoli, mamma instancabile, maestra dedita, riesce a farmi ridere anche alle sette e mezza del mattino. Non vedo l’ora di essere invitata a casa sua per cenare. Poi Cristina e Paola, Yoghi e Bubu, una l’una l’opposto dell’altra ma inseparabili.
Un’altra donna che a 84 anni ha riassaporato la giovinezza è mia nonna, che nonostante la perdita del suo amato marito, sta riscoprendo l’amore per la vita, di nuovo bambina curiosa di scoprire la fine di un nuovo libro, innamorata e meravigliosa alla vista del mare per la prima volta nella sua vita. Esserci stata per vederla così felice è una delle cose più belle che mi siano capitate. Si sente di nuovo al centro dell’attenzione, cuoriosa, dolcemente pettegola, spensierata, vanitosa, bella come forse non l’avevo mai vista. Stare con lei mi trasmette gioia, allegria, un po’ di sana pazzia, un carpe diem atemporale, infinito. Anche a 84 anni si può trasmettere energia, passione, colore. Con il suo costume a fiori, il cappellino e gli occhiali da sole, sembra che al mare ci sia vissuta da sempre. La guardo e mi sembra di vedere adesso più che mai quei tratti del carattere di cui forse mio nonno è rimasto attratto a suo tempo. Ha una forza emotiva particolare, simpatica e profonda allo stesso tempo autoironica, piena di energia e di un sano menefreghismo che non gli impedisce di attribuire importanza estrema al giudizio terreno e divino.
Vita che in questa Roma, ancora in parte sconosciuta, mi avvolge e mi elettricizza, mi fa piangere e sorridere insieme, storia, politica, religione, natura, cielo azzurro intenso, nuovole bianche, profumo di gelsomini, il caffè e i riti che si svolgono attorno ad esso, il potere dell’edicolante e del panettiere, il sapore di un pomodoro buono, l’olio d’oliva che ti pizzica sulla lingua, di cui puoi leggere tutte le sfumature e indovinarne la provenienza, la pasta cacio e pepe, i ciottoli scivolosi, la musica di Jovanotti alla radio, il barista che ti canta una serenata, “’a bella” gridato per strada, urla passionali, italiana e straniera insieme, il sentirsi parte di una grande flusso di persone, un puntino minuscolo in una mare di stelle. Vivere così tanto tempo fuori dal paese in cui si è nati e cresciuti, viandante, disadaddata permanente, eterna nostalgica, perennemente cuoriosa.
Vita che si muove e parla, Chiara e Guido, una giovane coppia di una bellezza, dolcezza autentica. Loro, due compagni di lotta che come perfetti equiblilibristi riescono a gestire due bambini splendidi che richiedono attenzione, pazienza, occhi infiniti, energia a non finire, creatività e un po’ di follia. Essere genitori oggi in questa giungla impazzita è una pazzia, lo era anche 100 anni fa, ma si fa, e non c’è un giusto o uno sbagliato, richiede improvvisazione, istinto, amore e paura insieme, auto ironia, tanta pazienza ed allegria. Senza lavori a tempo indeterminato, si crescono i figli senza sapere dove e come sarà tra due anni, 8 mesi. Precariato, una tassazione alle stelle, sussidi che spariscono o non sono mai esistiti, un fertility day mischiato di un’ipocrisia ancora una volta tutta italiana ma non per questo giustificabile.
La razionalità sparisce, la realtà si affronta, si vive, si gestisce. Essere famiglia oggi come ieri, in Italia come in Uganda, non è facile, per diverse ragioni economiche, sociali, culturali, politiche… un groviglio umano che si sviluppa giorno dopo giorno, di cui ho l’onore di poter sbirciare di tanto in tanto attraverso lo sguardo di Chiara mentre allatta la sua bimba, quello tra Guido e il suo primogenito quando gli racconta una nuova storia… è una catalessi amorosa, un tenero dolce abbandono di puro amore.
Questo pezzo potrà sembrare a tanti sdolcinato, un po’ naive, un crogiolo di roselline, ma il centro di questo vortice creativo è un inno alla vita a 360 gradi, ai suoi abitanti in constante bipolarità aggrappati al male e buio, ricattatori e mangiatori di tristezza, capaci di trasformarsi e mordere l’essenza folle della passione, energia, turbine languido di vita.

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