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di Pietro Busa

 

Due settimane fa ho avuto il piacere di partecipare alla seconda edizione del Canapa Mundi, la fiera internazionale della canapa di Roma, tenutasi al Palacavicchi di Ciampino fra il 19 e il 21 febbraio scorsi.

Arrivato in zona, noto in lontananza una grande affluenza di gente nei pressi di un capannone industriale, così metto la freccia e mi muovo alla ricerca del primo parcheggio utile. Mi sento subito protagonista di un evento più unico che raro: trovo parcheggio gratis e con facilità, buon segno.

Mi incammino verso l’entrata, passo per il piazzale adiacente all’ingresso dove incontro gruppetti di persone che chiacchierano, bevono birra e danno fiato alle trombe. Il clima è disteso e si respira nell’aria un gradevole aroma fruttato.

Dopo aver pagato il biglietto, mi avventuro tra i numerosi stand situati in un area di 8000 mq, osservo a grandi linee e vago a vuoto per un po’.

Finito il giro di ricognizione decido di approfondire la questione, quindi mi fermo in uno spazio espositivo carico di libri, dove trovo ad accogliermi Luca, un omone sulla quarantina, corpulento e gentile, che sta promovendo il suo libro: una raccolta di articoli pubblicati su quotidiani e periodici statunitensi che espongono con chiarezza i primi risultati economici, sociali e politici sulla legalizzazione della cannabis in alcuni stati americani. Luca mi spiega come nel corso degli ultimi anni un numero sempre maggiore di paesi ha modificato la propria legislazione sulla cannabis, sostiene che “la guerra alla droga” che l’Onu e tutti i suoi componenti hanno svolto per oltre 50 anni ha clamorosamente fallito ed è arrivato il momento di sperimentare e mettere in atto politiche innovative sulla gestione del fenomeno anche nel nostro paese. Continua portandomi l’esempio degli Usa, il paese dove è nato il proibizionismo sulla cannabis negli anni ’30 e dove già quattro stati (Alaska, Colorado, Oregon e Washington) hanno completamente legalizzato l’uso della cannabis.

Sfoglia il suo libro e, con buona verve, mi mostra gli ottimi risultati economici che le istituzioni americane hanno potuto riscontrare a seguito della legalizzazione in termini di: incassi fiscali delle attività relative alla cannabis; maggiori entrate derivanti dall’aumento dei posti di lavoro legali; minori spese per contrastare il mercato illegale e minori costi per il sistema giudiziario/penale.

A questo punto lo interrompo e gli chiedo cosa ne pensa riguardo la pericolosità dell’uso della cannabis a scopo ricreativo.

Sorride e mi spiega che “The Lancet”, una delle riviste mediche più importanti al mondo, nel 2007 ha pubblicato una ricerca che ha classificato la pericolosità delle varie sostanze psicotrope, legali (alcool, tabacco e medicinali) e illegali (droghe leggere e pesanti): afferma che i risultati di questo studio sono a dir poco sorprendenti, visto che la cannabis risulta avere una pericolosità sia sociale che individuale molto al di sotto delle droghe pesanti (eroina e cocaina) ma (ed è questa secondo lui la notizia) molto inferiore sia al tabacco che all’alcool. Sostiene che il proibizionismo verso la cannabis e i suoi derivati sia stato introdotto senza una vera e propria analisi scientifica del fenomeno, che se fosse stata condotta avrebbe accertato che “l’uso della cannabis non viene vietato in quanto pericoloso, ma è pericoloso proprio in quanto vietato”.

Mi concedo un’ultima domanda e gli chiedo come si pone il nostro paese nei confronti della legalizzazione della canapa. Alza gli occhi al cielo e chiarisce che finalmente anche il nostro parlamento sembra aver cominciato ad accorgersi che qualcosa sta cambiando: com’è già accaduto in passato, fin dall’ inizio della legislatura sono state depositate numerose proposte di legge riguardanti l’utilizzo terapeutico, industriale e ricreativo della canapa.

La novità è rappresentata dalla creazione dell’intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, un’istituzione presieduta dal senatore Della Vedova che, assieme a un centinaio di deputati e senatori, ha portato alla definizione e presentazione di un’unica proposta di legge, sottoscritta al momento da 220 deputati e senatori di ogni appartenenza politica; un terzo del totale dei parlamentari.

Luca mi è simpatico e, dopo esserci scambiati saluti e contatti, decido di acquistare il suo libro.

Mi guardo attorno e capisco che non avrò modo di visitare con attenzione tutti gli stand, le persone che partecipano alla fiera sono tantissime, mi trovo in un contesto di enorme portata e gli argomenti da affrontare sulla canapa sono numerosi. Così giro a zonzo per un po’ sperando che il mio fiuto mi porti alla ricerca delle tematiche più interessanti da approfondire. Trascinato dalla folla, noto in lontananza un soppalco con degli strani oggetti in legno; mi avvicino ancora un po’ e mi rendo conto di aver di fronte un piccolo museo della canapa. È li che incontro Simona, la responsabile dell’esposizione, la quale mi spiega che gli strani oggetti in legno sono in realtà degli attrezzi d’epoca per la coltivazione e la lavorazione della canapa. In seguito mi mostra un lenzuolo della fine del ‘700, ricamato con gusto, interamente fatto di canapa in perfetto stato. Meraviglioso. Simona fa parte dell’Associazione Gemelli Bernardini; i gemelli Domenico e Settimio Bernardini, mi spiega, iniziarono la loro avventura con la canapa nel 1997, quando alla ricerca di alcuni strumenti utili per lavorare la canapa, decisero di recuperare storie e racconti, attraverso le voci degli anziani, su come veniva lavorata e coltivata questa pianta nel nostro paese agli inizi del ‘900. Simona, fiera di sé, mi racconta come partendo dalla semplice realizzazione di una mostra sono riusciti col tempo a realizzare il Museo della Canapa,che si trova a Pisoniano, nel Lazio, ed è riconosciuto dai più come il primo museo tematico sulla canapa in Italia. Il museo, che ha da tempo abbandonato la sua dimora fissa ed è diventato itinerante, prevede una collezione privata composta da mancinatura, mannura, pettini, tessuti, filati e tutto ciò che concerne la tradizione di questa pianta. Saluto Simona, le faccio i complimenti e le prometto che tornerò a trovarla con più calma per approfondire il discorso.

D’un tratto sento di aver fame e mi dirigo verso un bancone bandito di cibo. Davanti ai miei occhi si snodano trionfi di pizzette, panini, tartine e pasticcini; tutti prodotti biologici fatti con farina e derivati della canapa. C’è l’imbarazzo della scelta! Opto per una pizzetta e una birra artigianale con la canapa al posto del luppolo. La pizzetta era molto buona. La birra non è stata di mio gradimento, lasciava un retrogusto troppo acido, anche se sapevo che stavo assaggiando un prodotto di assoluta qualità, molto apprezzato dagli estimatori della birra e della canapa.

Finito il break proseguo tra gli stand, una ragazza mi bussa alle spalle e mi invita ad entrare nella loro area espositiva per assaggiare i semi di canapa. Mentre deglutisco i semi, la promogirl parte a macchinetta con il suo discorso: “i semi di canapa hanno proprietà nutraceutiche in quanto forniscono un apporto proteico completo/i semi di canapa sono un ottimo integratore naturale per tutti: dai bambini agli anziani. Sono indicati per gli sportivi, come per chi vuol contrastare l’azione dei radicali liberi e problemi di salute. Questi semi, ed i prodotti da essi derivati, hanno infatti un elevato potere anti-ossidante e anti-infiammatorio”. Si era imparata a memoria il volantino che distribuiva. Magica. Di seguito mi offre dell’olio di canapa ma, per paura di un nuovo sermone didattico, declino l’invito e proseguo per la mia strada.

Supero numerosi stand che vendono prodotti alimentari e cosmetici derivati dalla canapa finché raggiungo un nuovo settore della fiera popolato dai famosi head shops (negozi specializzati nella vendita di accessori per fumatori) e grow shops (specializzati in prodotti che servono per la coltivazione di piante e ortaggi).

Mi ritrovo inserito in un nuovo contesto allegro, festoso e stravagante.

Sembra di essere in un Lunapark, intorno a me una miriade di stand colorati provenienti da diversi paesi europei sono pronti a promuovere il loro marchio; sono circondato da un tripudio di cartine, filtrini, tritaerba, accendini, pipe, vaporizzatori, semi, fertilizzanti e lampade.

Ad un tratto mi viene incontro una ragazza altissima, mora e piena di forma, che mi sorride e mi invita a partecipare ad un contest di rullaggio a tempo. Non posso dirle di no, quindi, mi fa accomodare in un divanetto, mi porge un filtro, una cartina e del tabacco e inizia a cronometrarmi. Concludo l’opera in 13 secondi e vinco degli occhiali da sole in plastica orrendi. A giudicare dal premio, forse, avrei potuto fare di meglio. Saluto Wonder woman, butto un occhio sulle bancarelle restanti e mi dirigo verso l’uscita, soddisfatto e con la voglia di tornare quanto prima sul tema della canapa, con l’obiettivo di fare chiarezza su una delle migliori risorse che la natura ci offre e che la società di oggi, tendenzialmente, continua a guardare con occhi sospetti.

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