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di Barbara Monaco

Ideatore dell’“Atlante delle Guerre e dei conflitti”, Raffaele Crocco, giornalista, è stato inviato di guerra per 12 anni. “Non sono un pacifista”, sottolinea, “non ho quel tipo di cultura, sono risolutamente contro la guerra perché l’ho vista. Nel 2003 sono andato a lavorare con Gino Strada e abbiamo fondato Peace Reporter, poi, per una serie di ragioni ho abbandonato il progetto. Quando nel 2006 scoppiò la guerra fra Etiopia e Somalia pensai subito che fosse sbagliato che non esistesse un luogo dove, rapidamente, potessi informarmi, capire quali fossero la storia e le motivazioni di quei due popoli… e in effetti era qualcosa che mi girava in testa da tempo finché, nel 2008, ho cominciato a proporre questa idea. Dietro L’Atlante delle guerre e dei conflitti c’è l’associazione culturale “46° Parallelo” con sede nella casa che ho con mia moglie Beatrice; le persone che ci lavorano sono sparse dappertutto, ci siamo messi insieme per un’idea, e abbiamo aggregato persone che portavano altre idee. Il progetto è cresciuto così tanto che non siamo più in grado di gestirlo, dato che ognuno di noi ha un lavoro: io lavoro in Rai, mia moglie nell’accoglienza migranti…nei primi 5 anni di attività, siamo riusciti a fare 780 incontri e 3 mostre, una roba da mal di testa!
 
Io e Raffaele ci incontriamo in un bar. Al primo punto della nostra conversazione c’è la Turchia all’indomani dello strano golpe che sembra aver concesso a Erdogan mano ancora più libera nella repressione…
“Il rafforzamento di Erdogan è estremamente pericoloso, con il suo delirio di onnipotenza provvederà a eliminare ancor di più i suoi oppositori, come già faceva con la guerra in Kurdistan. – risponde – Ora ha avuto la dimostrazione che gli Stati Uniti non sono contenti che la Turchia abbia l’esercito più grande all’interno della Nato e questa non è roba da poco… Ricordiamoci poi che la Turchia ha ripreso le trattative per entrare nell’Unione Europea e, con questa vicenda, Erdogan ha raccolto consensi nazionali interni e internazionali. Quindi si è rafforzato, dopo anni in cui tutti più o meno velatamente lo bastonavano”.
 
I consensi ricevuti dall’Ue sono piovuti dopo l’accordo per il rimpatrio, o meglio la presa in carico dei migranti…
Sì, ha fatto una serie di mosse che gli hanno aperto nuove strade. Bisogna capire come si riposizionerà adesso nel Vicino Oriente, non dimentichiamoci che la Turchia ha recentemente stretto un patto con Israele, e non è la prima volta, la Turchia ha rapporti storici con lo Stato di Israele. A questo punto bisogna chiedersi e capire se ne approfitterà per riavvicinarsi ad Assad, così da mettere a tacere i curdi definitivamente. Insomma, le implicazioni sono veramente tantissime perché in questo momento il riavvicinamento con Assad significa in termini di interesse, per noi europei, una lotta molto più dura contro il califfato. Califfato che è, dal punto di vista militare, in ritirata, da quello economico e di gestione, distrutto… Questo golpe avrà grosse conseguenze in ogni caso. Si vive comunque la contraddizione: dal punto di vista personale, in ogni caso, con la cultura che abbiamo in Europa, l’esercito, che rappresenta la storia laica della Turchia, è un Paese che, anche se golpista ci rassicurava di più di un Erdogan che, seppur eletto democraticamente rappresenta comunque l’anima islamica.
 
Il rapporto con Erdogan non rende Israele ancora più pericoloso?
Da un punto di vista molto pratico, molto cinico, non c’è un Paese che non sia pericoloso, Israele, in questo momento paradossalmente un po’ di meno, ha fatto delle scelte radicali allucinanti, ma anche su questo è il caso di meditare: Israele, di fatto, da cinque anni è diventato un Paese confessionale, è una cosa che non raccontiamo molto, seppur sia diventato come l’Arabia Saudita.
 
Sì, mentre si guarda all’Arabia Saudita come al Paese islamico per eccellenza, condannandone le pratiche, del fatto che Israele sia oggettivamente un Paese altrettanto confessionale assolutamente non se ne parla. Come mai?

Il problema è che le culture, i popoli e le religioni che discendono dal Libro tendono a fare questo, noi dimentichiamo forse che in Italia, cent’anni fa, i bambini ebrei venivano rapiti dai cristiani e convertiti a forza e, quando ero ragazzino io, che non sono più giovane ma nemmeno così anziano, in chiesa le donne stavano sedute da un lato e gli uomini da quello opposto, sono passate appena un paio di generazioni. Tutte le religioni monoteiste sono così, proprio in quanto monoteiste. Per spiegare a chi sostiene che le regole dell’Islam siano così tanto più oscurantiste di quelle cristiane bisogna semplificare: basta ricordare che il Vaticano non ha mai riconosciuto la Dichiarazione universale dei diritti della persona (a Raffaele Crocco non piace parlare di diritti dell’uomo, è un problema di genere), poi si può discutere di quello che si vuole e c’è Bergoglio che dice quello che dice ma, nonostante questo, il Vaticano non ha mai riconosciuto quella dichiarazione: punto. Perché non l’ha mai fatto? Esattamente per le stesse ragioni per cui non la riconoscono gli stati islamici, che hanno fatto le loro dichiarazioni nel ’90, stilando “La Dichiarazione universale dei diritti della persona islamica”. Le religioni del Libro, le religioni monoteiste, non possono ammettere che la legge non discenda da Dio, ed è questo il motivo che non possono fondarsi su un principio realmente democratico: si può discorrere finché si vuole, poi c’è un momento in cui ti si dice stop, questa è la parola di Dio, e tu davanti a questa ti devi fermare: è il difetto della religione mediterranea. Nel Vangelo ci sono delle cose un po’ diverse, è vero, ma il problema maggiore è chi maneggia il Libro, chi lo fa non è stupido e ha fatto sì che il Cristianesimo non si fondasse esclusivamente sul Vangelo, ma vi ha collegato nuovamente la Bibbia: è in questo modo che si creano le contraddizioni, perché il Vangelo non esiste disgiunto dalla Bibbia. Quando pensiamo a paragonare il Cristianesimo all’Islam inoltre, non dobbiamo dimenticare che abbiamo sette secoli di vantaggio e che magari fra sei secoli l’Islam avrà avuto un’evoluzione.
 
Esatto, pensiamo a com’erano i Cristiani nel Medioevo…
Loro peraltro a quel tempo erano molto più avanti di noi.
 
Durante il cosiddetto rinascimento islamico le scienze e gli studi erano molto più avanzati: il Corano sostiene che la Terra gira intorno al Sole, e questo veniva riconosciuto nel mondo musulmano, proprio mentre da queste parti si voleva giustiziare Galileo. Adesso invece ci sono professori musulmani che nelle aule universitarie dei Paesi del Golfo sostengono l’esatto contrario…
Bisogna tenere presente che queste sono cose che non si risolvono mai: noi in questo momento abbiamo in alcuni Paesi degli Stati Uniti d’America, organizzazioni politiche molto forti che stanno premendo perché nelle scuole si ritorni alle teorie non evoluzioniste ma creazioniste. Ci sono alcune scuole negli Stati Uniti in cui funziona il Trattato di Bracton. Non diamo per scontate le cose, due anni fa alcune sette cristiane ugandesi hanno fatto in modo che il Parlamento approvasse una legge che condannava a morte chi veniva dichiarato omosessuale, la legge è saltata soltanto perché la Corte Costituzionale ugandese ha trovato un’imperfezione, per cui chi viene dichiarato omosessuale in Uganda viene condannato all’ergastolo. Insomma, diamo per scontati passaggi che lo sono poi così tanto. Finora abbiamo avuto un’evoluzione che ha funzionato, non so ancora per quanto tempo dato che nasce da un momento storico di rottura particolare per cui si è potuti giungere ad una maturazione, a tutta una dinamica filosofica, culturale, individuale assolutamente particolare. È per questo che insisto sempre sull’individualità, sulla responsabilità individuale. La massa è fatta da individui, sono le scelte individuali che pesano alla fine: è la mia indifferenza personale che permette al fascismo e all’ingiustizia di esistere.
 
Però molta parte della sinistra non la pensa così: la massa è proletaria e l’individuo è borghese…
Allora io sono il top della borghesia. I rivoluzionari sono individualisti: solo se ami l’individualità definita e capace di fare scelte puoi creare una collettività consapevole.
 
Le critiche che personalmente spesso mi arrivano riguardano il fatto che non sia sano incolparsi in prima persona, che sia necessario pensare alla propria incolumità mentale, il senso di colpa sarebbe un sentimento troppo “cattolico”: non si può salvare il mondo da soli, non si può vivere riflettendo troppo sulla propria responsabilità personale e incolparsi…
Il problema è anche quello di dare la dimensione esatta alle cose: il mio amico Marcos, che di mestiere fa il rivoluzionario, ed è un rivoluzionario davvero mi dice sempre: “Se non sai ridere, se non sai prenderti in giro, non puoi essere un rivoluzionario”, questo è vero, bisogna saper vivere anche la leggerezza: io penso queste cose ma so che non posso salvare il mondo. Non sono in grado di farlo, non ne ho la capacità, quando ne ho voglia posso anche divertirmi, andare a fare un giro in moto, a bermi una birra… perché è giusto! Il paradosso di tutto questo è che se tu assumi la tua responsabilità individuale precisa, smetti di essere al centro del mondo, perché riesci a dare la giusta dimensione alle cose, e al centro del mondo non ti ci metti più perché capisci che ne fai parte, nulla più.
 
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