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di Antonio Brizioli

 

Parigi, 4 febbraio 1912, prime luci dell’alba

Sono Franz Reichelt, ho 33 anni, vengo dall’Austria e oggi è il mio giorno.

Tra pochi minuti Parigi s’inchinerà ai miei piedi e quei 10.000 franchi saranno miei insieme alla gloria eterna. Alleggerire, appesantire, provare di nascosto. Quest’oggi vedrete il glorioso frutto di anni di lavoro notturno. Sì, perché quando gli altri dormono io aggiungo pezzi, tolgo pezzi, disegno soluzioni nuove e le sperimento senza sosta. Il mio laboratorio è pieno di manichini, li faccio volare dall’ultimo piano e prendo appunti sulla velocità con cui toccano terra. Da mesi sono vicino alla soluzione del mio enigma e mi serviva solo una cosa: un posto più alto. Non mi bastano torri e campanili perché il mio abito paracadute non ha tempo di aprirsi, ho bisogno di un posto più alto.

Purtroppo la burocrazia procede lenta in quel di Parigi e non oso neppure dirvi da quanto tempo sto aspettando il permesso di volare dal primo piano della Tour Eiffel, prodigio di tecnica e simbolo di progresso della Francia intera. Cinquantasette virgola sessantatre metri di gloria da godere l’uno dopo l’altro come una donna da amare per l’ultima volta. Guardare uno per uno i giornalisti, le autorità, i curiosi, gli scettici posizionati lì sotto per poter apprezzare la loro faccia quando mi vedranno atterrare leggero, elegantemente sostenuto dal mio abito paracadute. Già, perché io sono un sarto e il mio non è uno strumento per buttarsi dal cielo, ma un elegante e raffinato abito che fra poche ora sarà conteso da tutta la borghesia parigina.

Sono Franz Reichelt e tra poco saranno miei, i 10.000 franchi messi in palio dal colonnello Lalance dell’Aero-Club Francese per l’inventore del paracadute. Ci stanno provando in tanti qui in Francia e si vocifera pure che in America qualcuno già ci sia riuscito ma io non ci credo. E se qualcosa deve succedere di bello oggi al mondo deve succedere qui a Parigi, città libera di artisti, vagabondi e donne facili. Città di migranti come me, che sono arrivato da Vienna in cerca di un successo che sta per mostrarsi improvviso agli occhi del mondo intero.

“Ognuno si potrà gittare da qualsiasi altezza senza alcun rischio”, scrivevi – Leonardo – nel tuo Codice Atlantico, illustrando il tuo disegno di un rudimentale paracadute. Dicono tutti che sei il più grande genio della storia e che nel 1485 tu avevi già pensato a tutto con cinque secoli d’anticipo ma io non ti invidio. Perché ti è sempre mancata una cosa Leonardo: il coraggio. Tu disegnavi, progettavi, immaginavi le tue macchine volanti, ma non hai mai sfidato la gravità. Mentre io – Franz Reichelt – l’anno scorso ho volato da 10 metri di altezza a Joinville con il mio abito paracadute. E non ha funzionato come pensavo ma il letto di paglia posizionato sotto mi ha salvato. Poi ci ho riprovato a Nogent pochi mesi fa, senza materassi, mi sono rotto una gamba ma ero sempre più vicino. E oggi ci siamo Leonardo, teorico dei miei coglioni, guarda cosa significa rischiare davvero.

Ci siamo quasi, è pieno di giornalisti e c’è anche il cinematografo, grandiosa invenzione dei nostri tempi. Uno sulla torre e uno sotto, pronti a tramandare la mia gloria ai posteri. Qualche tipografo sta già scrivendo un nuovo capitolo sui libri di storia, di tecnica, di moda… Gli scultori già sbozzano i cubi di marmo per fare statue a mia immagine e somiglianza. Si preparano epigrafi in ogni dove: “Franz Reichelt, il primo uomo volante della storia”, “Franz Reichelt, l’inventore del paracadute”, “Franz Reichelt, il sarto più famoso di sempre”.

E io – Franz Reichelt – sono anche abile uccellatore della lenta burocrazia parigina perché loro non lo sanno ma non butterò un manichino come avevo specificato nella richiesta. Volerà Franz, burocrati di merda. E voi sarete costretti a plaudirlo insieme al mondo intero. Il mondo intero a bocca aperta. Berrò gratis in tutti i caffè di Parigi da qui all’eternità. E tutte le donne della Francia vorranno una parte del mio letto, dei miei soldi, della mia gloria.

Penso questo mentre salgo sullo sgabello posto dai miei amici vicino alla balaustra del primo piano della Tour Eiffel. Sessanta metri e tanti puntini sotto che mi guardano. Metto prima un piede poi l’altro. Esito un secondo perché il mio assistente mi chiama da dietro “Sei sicuro Franz? Il cielo è più grigio del solito oggi…”. Mi volto di scatto e lo fisso intensamente: “Io sono Franz Reichelt, il sarto volante, ci vediamo di sotto”.

E sotto ci siamo trovati come previsto amico mio, mentre mi raccoglievi in mezzo a un mare di stronzi pronti a gioire del mio fallimento. Quel che loro non sanno è che io ho volato davvero. E non mi sono schiantato a terra come dicono i maldicenti di tutta Parigi. L’autopsia lo confermerà: la mia anima ha lasciato il corpo a pochi metri dal suolo e da allora non ha smesso di volare.

E quello che nessuno sa è che sono ancora qui che disegno, nello speciale scantinato del paradiso riservato ai falliti. Ieri ho sistemato le ultime cose. L’abito paracadute è quasi pronto.

 

Questo sotto è il filmato originale del glorioso volo di Franz Reichelt, il più grande sarto di tutta la Francia.

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