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di Francesco Merlino

C’era una volta una città con cento carretti, cento cocchieri e cento cavalli.

Ogni cavallo tirava il carretto sempre diritto, dove veniva indirizzato dal cocchiere, che teneva le redini. Non si distraevano mai i cavalli, perché i cocchieri avevano messo loro i paraocchi, così che vedessero solo la strada che calpestavano.

Così, benché vivessero tutti insieme, ogni cavallo pensava di appartenere ad una realtà diversa, dato che la sua conoscenza era limitata al tragitto che solcava.

Ti ricordi: a catechismo non ci volevo mai andare.

E tu mi costringevi e non dico facessi male, ti comportavi come un bravo genitore con un bambino un po’ capriccioso. Ma io proprio non ce la facevo ad accettare che Gesù avesse due pesci e poi quattro. E ti chiedevo – ti ricordi mamma – “ma com’è possibile?”

Tu mi dicevi di pensare fosse magico e che il resto l’avrei capito crescendo. La verità è che sono cresciuto, ma ancora non ho capito. Perché i bambini che ti prendono in giro perché non credi in quello in cui credono loro ci sono anche quando cresci e gli sgambetti e gli spintoni si fanno sempre più cattivi. Forse da piccolo ero saggio, ma non te ne faccio una colpa se non l’avevi capito, non ci avrei creduto neppure io. Lo sai perché non volevo andare a catechismo? Perché mi ero accorto che una volta che ci entravi non potevi uscirne facilmente. Si chiama ideologia ed è la degenerazione dell’idea, come la dittatura lo è della monarchia. Un’ideologia è un’idea che non puoi cambiare. E tu nemmeno te ne accorgi che non ti siedi più in cerchio per giocare a “bussa orologio” ma per discutere l’ordine del giorno. Non credo che riunirsi sarebbe un problema se lo si facesse con le porte aperte, perché le porte chiuse sono un problema sia per chi sta dentro che per chi sta fuori. E non capisco perché bisogna stare per forza o dentro o fuori in questo mondo. Un mondo che dicono ci dia infinite possibilità, infinite strade da intraprendere, tante quante sono i sogni dell’uomo. Ma non si accorgono, mamma, che il mondo non è infinito se ogni atomo che compone quest’infinitezza fa la guerra all’altro? L’infinito è così limitante e limitato se è fatto di infiniti mondi finiti. E ci si veste male e logori negli oratori con lo stesso snobismo e la stessa faziosità con cui ci si incravatta in tribunale. Nasce tutto da lì, dalle piccole cose. È tutta a compartimenti stagni questa terra. Mi chiamavano insicuro perché non prendevo mai una decisione, quando avevo solo tante idee in testa, che forse è più difficile ma è meglio che averne solo una. Per questo in Dio io non ci credo ciecamente, perché Lui non vuole gente cieca, ma che sappia vedere bene, anche oltre le porte. A volte provo tenerezza per Lui. Perché il Suo deve essere un lavoro duro, e può succedere che la situazione sfugga di mano. E allora lo immagino ubriacarsi al bar, in abiti borghesi e con la barba lunga di qualche giorno, perché si sente responsabile. Ma non è sempre colpa o merito Suo. Non deve essere semplice governare il mondo, specialmente da quando ne esistono troppi. Un mondo solo con infinite idee, che bello sarebbe! Forse, se fosse così, non sarei qui. Sì perché le idee costruiscono ponti ma le ideologie lanciano i razzi. E dicono che se si continua a lanciare razzi l’umanità finirà sotto le macerie, anche se non capisco di quali macerie parlino se si teorizza tutto e non si costruisce più niente.

Io sinceramente credo che l’uomo si sia estinto da un pezzo. Ora rimangono solo i membri.

E lo dimostra la violenta rivoluzione delle risposte alla domanda “chi sei?” che oggi dicono: cristiano, musulmano, gay, etero, fascista, comunista. Ma l’uomo non è chi prega, chi vota, chi si porta a letto. L’uomo ha tante idee in testa, il membro solo una. E quando l’idea è solo una, dominante ed intollerante, è un’ideologia ed assurge a verità, che è la più serrata delle porte. Essere liberi, essere liberi di pensare, non ha senso se è una libertà di cui si gode una sola volta; non ha senso se la libertà di pensiero viene sfruttata e non insegnata, se se ne pretende l’esclusiva.

Così sono finito qui, perché i bambini che credono che Gesù avesse due pesci e poi quattro odiano quelli che non lo credono, e viceversa. Io credo, credo che tutto questo finirà e che ti riabbraccerò. Ma soprattutto ho fede in me stesso e, se religione vuol dire credere in qualsiasi cosa più di quanto si creda in se stessi, in un capo,in una legge, in uno stile o una bandiera, più che nelle proprie idee, allora sono ateo. E ateamente prego.

Un giorno ad un cavallo che galoppava cadde il paraocchi, così si accorse del resto della città e degli altri cavalli. Allora iniziò a gridare a tutti i suoi simili di liberarsi del paraocchi. Loro lo fecero e si accorsero a loro volta. I cocchieri, non sapendo più come fare a guidare i carretti, ora che i cavalli erano liberi dal giogo della limitatezza, decisero di andarsene, non in aeroplano ma in bici, perché c’era crIsis.

Ed i cavalli vissero tutti felici, liberi e contenti.

Alla fine della storia il soldato si addormentò e non rivide mai più la madre. Dio si prese mezz’ora per andare al bar.

In copertina: Ivan Grubanov, United Dead Nations, foto scattata al Padiglione Serbia della Biennale di Venezia 2015.

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