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La repressione di Erdogan allunga le sue mani fino in Italia, in particolare su Milano. Così sembra leggendo il comunicato di Macao Milano. La questura di Milano si è presentata in via Molise con la pretesa di far rimuovere uno striscione esposto sulla facciata contro Erdogan e il suo governo fascista islamista. “Se non lo togliete vi sgomberiamo”, questa la sinistra minaccia arrivata dalla polizia. Sulla base di che cosa? Pressioni turche, violazioni di qualche legge che protegge le repressioni di Erdogan contro i curdi? Sicuramente in aperta violazione della libertà di critica, di espressione che i cittadini hanno. E che non può essere repressa con le minacce, tanto meno per conto del Sultano.
La vicenda comincia con la sfilata di moda ospitata provocatoriamente in via Molise e che Globalist ha raccontato in questo pezzo: Macao ospita una sfilata per finanziare la resistenza anti-Erdogan. Quello che è successo dopo è narrato nel comunicato dei ragazzi di Macao.

“Il 19 giugno Macao ha ospitato una sfilata della Milano Fashion Week. All’insaputa dello stilista e di tutta l’organizzazione, al termine della sfilata un grosso striscione con la scritta Milano Fashion Week supports the resistance against Erdogan’s fascist government è stato affisso sulla facciata di Macao. Il 26 giugno, durante la giornata in solidarietà con le vittime di Isis, organizzata a Macao dalla comunità curda milanese, alla presenza della CoPresidentessa dell’HDP Figen Yüksekdağ, abbiamo consegnato il ricavato alla resistenza antifascista turca, sperimentando così un’azione di sostegno in grado di sfruttare il rovesciamenti di senso e linguaggio anche di un grande evento come la MFW.

Nei giorni scorsi due poliziotti in borghese, inviati dalla questura di Milano, si sono presentati a Macao chiedendo di togliere lo striscione e minacciandoci di sgombero nel caso non l’avessimo fatto.

Ci è sembrato da subito incredibilmente curioso che, in un momento di “condanna a reti unificate” del governo Erdogan, un’azione della questura intervenisse in modo così netto sulla libertà di critica, dissenso ed espressione di un soggetto politico.

Ci siamo chiesti/e chi potesse essere messo in difficoltà da questa voce, che è una tra le tante che in questi giorni puntano il dito contro le pratiche di Erdogan. 
Forse i suoi diretti rappresentanti a Milano fanno pressioni sulle autorità italiane.
Forse quel mondo, che è legato alla Turchia da interessi economici che sfuggono alla dimensione politica, non può permettersi di mettere in crisi i rapporti con quel governo, nonostante gli omicidi, le incarcerazioni, le persecuzioni. 
Nei fatti, la MFW non può esprimersi contro Erdogan: quello striscione va oscurato, le parole vanno misurate, le posizioni mediate. 
Poichè Milano non è la Turchia di Erdogan non pensiamo possa accettare di adottarne le forme di censura.
Oggi riaffigeremo lo striscione riprendoci il nostro spazio di parola, portando allo scoperto anche le parole della questura in modo che entrino nel dibattito pubblico di questa città.
La facciata di viale molise 68 parla e stratifica appunti… stay tuned”.

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