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di Luca Mikolajczak

Alda si aggira annoiata tra le bancarelle natalizie da dieci minuti, sufficienti a provocarle un moto di disgusto sul volto già cosparso di rughe ma finemente truccato.

Che kitsch!” pensa tra sé e sé. Tanta paccottiglia non l’ha mai vista in vita sua, lei cresciuta a pane e Vuitton.

All’ennesima richiesta di denaro avanzata da uno dei tanti saltimbanchi della strada, Alda entra indispettita nella gioielleria di fiducia, per scegliere il suo regalo di Natale.

Ormai da venticinque anni a questa parte il marito le fa trovare sotto l’albero il prezioso suggerito con piglio dittatoriale. Un rituale che i primi anni di matrimonio l’aveva mandata in visibilio, confermandole che sì, Alberto era l’uomo giusto per lei, capace di coprirla di quelle attenzioni -anche luccicanti- di cui aveva bisogno.

Ma oggi cos’è quel rituale se non una stentata farsa, elitaria menzogna cui nessuno dei due crede più?

Alda dà una rapida occhiata e da vera intenditrice individua subito il ciondolo più sofisticato e costoso: un ciondolo a forma di lacrima, con diamanti e zaffiri.

Mentre l’ossequioso (per non dire ruffiano) gioielliere ripone con cura la sua creazione a nome della signora, un trillo inconfondibile fa trasalire Alda.

Apre whatsapp. È Manuel. Ha trentacinque anni. L’ha conosciuto da due settimane al corso di tango cui il marito non l’ha voluta accompagnare perché il martedì lavora fino a tarda notte. Dice.

Stasera Alda forse riceverà, per la prima volta dopo anni, un regalo veramente gradito.

Andrea ha ventiquattro anni, studia a Perugia da sei, fuoricorso da tre. Non è facile conciliare lavoro e studio, o meglio alcol e studio. Forse prendere Filosofia è stato un errore. Ormai è andata, nella sessione invernale sbrigherà gli ultimi tre esami e ad aprile si laureerà.

Se Dio vuole. Pur proclamandosi sprezzantemente ateo, Andrea non può fare a meno di quelle esclamazioni di fede che ha assorbito per diciotto anni dalla madre, dalla zia e dalla nonna. Casa sua è un fulgido esempio di matriarcato dopo la fuga del padre. Inutile dire che quella è la causa della sua insicurezza con l’altro sesso. Fortuna Erica. Lei sì lo capisce, lo incoraggia, lo ama. Da quasi quattro anni. Festeggiano l’anniversario proprio il giorno della vigilia. Per l’occasione Andrea le vuole fare un i pod fucsia. È da mesi che mette da parte soldi per quell’icona del capitalismo, lui tenace sostenitore del commercio solidale. Ma per amore questo e altro.

Dopodomani affronterà il tradizionale viaggio della speranza per tornare a Cosenza. Fortuna che sul pullman trasmettono sempre i film di De Sica, un cinepattone in fondo è il migliore diversivo per reggere una traversata di quasi dieci ore.

Anche Erica ha in serbo una sorpresa per lui. Ce l’ha da tre mesi, l’ultima volta che si sono visti. Aspetta il 24 per dirglielo.

Hey amico, come stai?” chiede Edwin ostentando un buonumore straziante. È questa la formula che usa ormai da anni per avvicinare i passanti, farsi dare una moneta per un braccialetto o una tartaruga portafortuna. Oggi ha racimolato otto euro in tutta la giornata. Poco, troppo poco. Quest’anno non potrà fare neanche un regalino alla figlia, gli ha chiesto il braccialetto di gomma che hanno tutte le sue compagne. Quelli arcobaleno che vende lui la piccola non li vuole nemmeno vedere. Pensare che hanno lo stesso valore di mercato, non fosse la marca.

Edwin si irrigidisce per il freddo e il pensiero di deludere in quel modo la sua principessa. Nonostante la stanchezza di dieci ore in giro sotto la tramontana, non si arrende. Prova a intercettare due ragazzi. Gli dicono di andare a lavorare, con epiteti irripetibili. Non capiscono che quello è il suo lavoro, altro non ha trovato e la laurea in Ingegneria conseguita al suo paese è carta straccia. Si è proposto come cameriere, ma non l’hanno mai chiamato.

Una lacrima invisibile gli illumina l’occhio destro.

Mentre Edwin sta ricontando le monete, sperando in un miracolo del Natale, gli si avvicina euforica la signora bionda che pochi minuti prima l’ha scansato sbigottita. Gli tende una banconota da cinquanta. “Tenga, non voglio niente in cambio, buon Natale!”. “Scusa Manuel, ripeti ché stavo parlando con uno per strada…”.

A Natale puoi, fare quello che non puoi fare mai, è Natale si può amare di più, è Natale si può fare di più, a Natale puoi recita imperterrito uno slogan ormai greatest hit insieme alla canzone di Mariah Carey. Qualcuno lo prende alla lettera.

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