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di Giovanni Gambini

 

È tutto iniziato sottovoce. Oralmente. Un sospetto inquietante serpeggiava nel rione, un timore che ha acquisito verità e forma passo dopo passo, animato di vita propria. Fu così che la cattiva novella, da sassolino che era, divenne ufficiosa valanga. “Il Tit ha chiuso”. “Lo hanno preso i cinesi”. “I cinesi hanno preso il Tit”. Non so perché, ma mi ha rammentato l’episodio di “è morto Dioniso il grande” (lo cerchino se vogliono).

E’ stata una coltellata, ben inferta, vigorosamente. Il Drago è arrivato e si è preso la nostra cittadella. La plutocrazia orientale, Mammona, non ha avuto rispetto né compassione. Ha pagato il suo obolo, si è innestata senza colpo ferire, insomma ha vinto senza neanche combattere.
Pensavi che il Tit non avrebbe mai chiuso. Era una di quelle certezze che operano in background nel tuo organismo, rasserenandoti. Te lo immaginavi prima di addormentarti, avvolto dalla nebbia, sapevi che saresti potuto entrare e trovarci l’essere umano. L’oste, sua moglie, i figli, quello squallido straccio a strofinare senza scopo il bancone, l’arredamento anni ’80, i tavoli scalfiti.
Pensavamo che quel posto ci avrebbe seppellito tutti, che si sarebbe tramandato di giovine in giovine come il segreto in una setta, ben oltre i suoi proprietari contingenti. Invece, ci ritroviamo commossi a scriverne l’epitaffio. Non abbiamo neanche avuto il tempo di dargli un ultimo saluto. Dobbiamo seppellirlo noi. Lo hanno preso i Cinesi, questo è il fatto. Una certezza limpida, se lo sono preso.
Come se un ragazzaccio gelido e prevaricatore si prendesse la ragazza che ami. Ora è sua.

Il Tit. Un portofranco. Nessuno sa da dove è sorto, o il significato del suo nome. Pare essere di derivazione francese. Io appartengo a quella corrente minoritaria e fantasiosa che ne fa un nomen omen, e traduce “Tit Bit” alla sassone, con “Un po’ di tetta”. Questo è sempre stato il suo vero nucleo, la sua essenza sincera. Entrare nelle viscere della terra, esausti, sfiancati dalla modernità (la tecnologia non doveva forse rendere le cose più facili?), entrare, dicevo, e sentirsi in diritto di prendersi un po’ di tetta. Una poppata avida, irresistibile. Una mammella procace, esoterica, come solo quella di una madre sa essere. Sei ben conscio che non ci sono orpelli. Non trovi risvoltini sul pantalone, nessuno fa i selfie, non sai da dove proviene quel cibo, forse dai meandri di un freezer delirante. In compenso, sai che entri e godi automaticamente di uno statuto giuridico privilegiato, varchi la soglia e in quell’esatto momento sei separato dal resto del mondo. Una carta non scritta di solidi usi e costumi, a cui l’avventore fedelmente si attiene e che fiero difende. Hai dei poteri e delle facoltà che trascendono il rapporto cliente-proprietario. Tiri sedie, scuoti caraffe sciabordanti, sali sul tavolo e intoni peana di guerra per animare la folla, oppure scendi per le scalette e ti ritrovi dietro il bancone, ti spilli una bionda, entri in cucina e saluti. Una volta ci ho anche tirato dei botti. Dentro, s’intende. Poi esci e guardi la luna e le urli iracondo, le urli che esisti e che si deve ricordare di te, e ricordi tante cose, alcune molto belle, poi rientri e nuovamente scordi tutto, c’è il vigore dei tuoi compagni dentro, urla potenti a cui vuoi unirti.

Un sudicio guazzabuglio, diranno i profani. Concordo. Di soggetti da romanzo picaresco. Una pizzeria impresentabile, continueranno, la pasta è fina e sbruciacchiata e i bicchieri non sono puliti. E’ vero. Il vino è cattivo, lo concedo.
Una carta che neppure nelle sagre. Non c’è il wi-fi. Non contenti, daranno il colpo di grazia: è mal recensito su Tripadvisor!
Al povero profano che si attiene religiosamente a queste vane forme, mi sento di rispondere: VITRIOL. Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem. Entra nelle profondità, correggi le imperfezioni, trova la pietra nascosta.
Quella pietra che generazioni di anime giovani hanno rinvenuto nella mistica catabasi della saletta, il simposio incarnato, la pietra è lì, scintilla nel tuo scolo di birra ormai caldo e pieno di cenere.

Non faremo nomi, ma ricorderemo figure e storie. Il professore francese fallito ed avvinazzato, gli invitti goliardi che riuscirono a finire tutto l’alcool del locale in una sola notte, le cene in saletta, dove è proibito fumare solo le sigarette (e neanche quelle). Tutto questo valeva molto più di un piatto gourmet. Chi lo giudicava solo come casa di pasto, non aveva capito nulla della dignità a cui veniva elevato lì dentro, dei diritti di cui godeva. Non aveva capito che non era una casa di pasto, ma il Tempio dell’essere umano.
Con buona pace di tutto questo, il dominio del villano ha vinto, e il Tit, ultimo bastione di un mondo di duri, è stato costretto a chiudere i battenti. Ci rivedremo in un turbine di hossomaki. Ci taggheremo su facebook, e avremo tutti il triplo risvolto sui calzoni.
Nel tempio dell’antropocentrismo, dove non c’era segnale o scontrino, c’era spazio solo per l’uomo, così come esso è. Potevi anche trattare sul prezzo, saresti stato ascoltato. Potevi anche scappare senza pagare, e incontrare la misericordia dell’oste la volta seguente. Nel tempio dell’essere umano, entravi malato ed uscivi guarito.

Ora basta, che non se ne parli più, che si giri il capo quando si passa davanti al Drago cinese. Ce lo riprenderemo un giorno. Riavremo ciò che è nostro.
Un solo monito. Abbiamo assistito alla fine di una dinastia. Rattristarci è dovuto, ma abbatterci no. Portiamo dentro di noi la testimonianza dell’essere umano. Sia per noi spada e scudo contro le vanaglorie di questo mondo.

2 commenti su “Il Tit Bit ha chiuso e i tempi cambiano in peggio, elogio funebre

  1. Tit Bit, non deriva dal francese, ma dall’inglese, parola che riporta al modo di dire “di tutto un po’”, letteralmente significa “un pezzettino”, perché nascendo come ristorante e pub vi si poteva trovare un po di tutto. Assolutamente non si traduce alla Sassone come scritto sopra con “un po di tetta” !!
    Firmato, il figlio di colui che ha inventato il nome e creato il TitBit.

  2. Se ti serve sapere come è nato, chi lo ha creato, il significato del nome etc etc, considera che mio padre lo ha inventato e aperto alla fine degli anni 70! Il primo locale di Perugia, i primo papa burger e hot Dog…. Il tit bit era la novità non solo perugina ma italiana…..

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