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di Antonio Brizioli

 

Di tutte le reazioni che il filo ha suscitato, positive o negative fino all’estremo, si darà conto in un documentario in fase di lavorazione. Io mi appunto su qualcosa di meno banale di quanto si possa pensare, le parole di approccio al filo. E già, le parole sono importanti: avvicinarsi a una giovane ragazza dicendole “Che bel sorriso che hai…”, non equivale a urlarle “Sali in macchina bella puledra…” con ghigno da ubriacone. E così il nostro filo, che ha un’anima, gode di propria vita e sentimenti umani. Non può essere un caso che il novanta per cento dei passanti, compresi quelli che hanno accolto il filo a braccia aperte, abbiano inaugurato il rapporto con la striscia colorata azzardando un naturalissimo “A cosa serve?”, a volte rivolto all’amico, a volte a noi, altre al filo stesso.

Bene, ogni volta che sentivo queste parole, pericolante sulla scala, o sbilanciato da qualche balcone, percepivo un perfido fastidio, come un pizzico al cervello o un’unghiata ai testicoli. Ciò che per gli altri era l’assoluta normalità, un “Che bel sorriso!” spostato sul piano del filo, per me era il manifestarsi di una cosa che sospettavo, ma che avrei preferito non verificare: il cittadino comune non è in grado di accettare che si dispongano cose inutili all’interno della propria città. Così gli sforzi andrebbero interamente concentrati nel ripianare le buche, riasfaltare le strade, rimarcare la segnaletica orizzontale, aggiornare quella verticale, al massimo installare le luci di Natale a Natale, senza considerare quanto risulterebbero straordinariamente spiazzanti a Ferragosto.

A cosa serve dunque questo filo? A niente, per le persone prosaiche, per i soldatini della contemporaneità, per chi concepisce la vita come nasci – cresci – mangia – fingi di amare – fai figli – invecchia – muori – eri una brava persona – pianto – passiamo oltre. Per chi voglia attribuirsi un ruolo attivo, invece, può servire a talmente tante cose che non bastano le battute a disposizione… Faccio ugualmente qualche esempio.

Supporto per equilibristi, scorciatoia per raggiungere l’amante al palazzo di fronte, cornice rossa per guardare il cielo, strumento musicale futurista casualmente suonato dal vento, filo per stendere i panni, filo interdentale per chi abbia denti molto grandi, strumento sessuale per la donna che ardisca sfregarvi le parti intime a cavalcioni (sconsigliato alle poco esperte date le zigrinature), strumento di conoscenza, luogo di appuntamenti alternativi tipo “vediamoci a mezzogiorno dove il filo curva di 105 gradi a destra in piazza Lupattelli”, punto di partenza per altri fili, scusa per alzare la testa, scusa per scoprire luoghi sconosciuti, scusa per perdersi, rilevatore di vento, rilevatore sismico, oggetto misterioso che emerga dalle acque in caso di alluvione della città fino a quattro metri di altezza dell’acqua, simil-liana per salti liberatori a la Tarzan, modo per allenare la fantasia trovando significati al filo, generatore di domande in una città che non se ne fa più molte compresa in un paese che non se ne fa più molte compreso in un mondo che non se ne fa più molte, proiettore di righe d’ombra sull’asfalto, prima opera artistica nella storia di Perugia non corredata da didascalia e nome dell’autore, alternativa al piatto per cocainomani, alternativa al laccio per eroinomani, alternativa alla frusta per sadici, segnalibro per libri molto belli, supporto per scritte strette e lunghe (d’amore, d’arte, di politica), supporto per lucchetti più originale di Ponte Milvio, superficie per accendere i fiammiferi, per placare il prurito alla schiena, testimonianza fisica di quanto si possa realizzare con pochi Euro e molta energia, di come sia precaria la materia e indistruttibile il simbolo che essa rivela, alterazione del panorama, alterazione del rapporto uomo – città, affilatore di unghie per i gatti e di denti per i conigli.

Continua tu, dai, fallo per te…

 

Il presente articolo è contenuto nel #numerouno di Emergenze giornale di carta, clicca qui per sapere dove trovarlo!

 

0 commenti su “A cosa serve? Lezioni di fantasia urbana

  1. Concordo in pieno. Ciò non toglie che sia legittimo chiedere all’autore (agli autori) cosa significhi PER LUI (per LORO) questo filo. O che non ci si possa porre qualche domanda: il filo rosso, ha unito veramente qualcosa, all’interno della città? Oppure è rimasto un filo interdentale per grossi denti?

    1. Certo Angelo. Proprio per questo stiamo organizzando un incontro aperto in prossimità della rimozione del filo a inizio ottobre, nel corso del quale mostreremo alla città il documentario da noi girato durante le operazioni d’installazione e faremo le nostre considerazioni sul senso di questa operazione, accettando di buon grado spunti di qualunque natura. Seguici dunque, a presto!

  2. Scusa Tony, a me, vecchio inguaribile “nostalgico”, sarebbe piaciuto il godere quest’opera “perennemente”…… Sì da rispondere a tutti, (cittadini, turisti, opinionisti, ed “intellighenzia mondiale”), che cultura & creatività debbano essere messaggi ed “esempi” per future generazioni……. O sbaglio?
    Perché la Ns/ Perugia non può essere l’ “Alfa” e non l'”Omega” di questa esperienza?
    Meditate gente……. Meditate…..

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