La storia di Civita di Bagnoregio pulsa nel movimento inesorabile del divenire e della metamorfosi. È la natura della sua terra martoriata: crolli e ricostruzioni, abbandoni e ripopolamenti, legami vitali che si strappano e nuove relazioni che si annodano. Quando la resa sembra inevitabile, il borgo trova ogni volta un nuovo respiro. Una nuova capacità di abitare.
Civita si offre, dunque, come luogo del tempo circolare: un tempo in cui la morte prelude a una periodica rifondazione dell’esistente. È questa concezione ciclica che consente alla terra civitonica di significare la morte. A farne compagna di strada. In fondo, la storia di Civita è sempre stata la capacità di trasformare la morte in un luogo abitato.
Ma la storia conosce lacerazioni improvvise. Oggi che, nel borgo, la mercificazione ha fagocitato ogni ambito del vivere, la morte si è spogliata della sua sacralità per ridursi a icona spettacolarizzata. In questa nuova tragica frontiera dell’irrimediabile, Civita ha espulso la vita e la sua capacità di rigenerazione. Quell’abitare, un tempo cucito saldamente alla terra, si sta sfaldando nell’assenza di azioni capaci di gettare avanti, nel futuro, l’esistente.