La Piramide Rovesciata

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«Se qualcosa di buono è stato prodotto dall’architettura italiana, assai raramente è venuto dalla scuola. E se di questo “buono” si ricercano gli autori, ci si accorge che il più delle volte o sono stati autodidatti, o provenivano da altre Facoltà, o avevano imparato altrove: negli studi professionali più qualificati, nelle redazioni delle riviste, sui libri che non erano quasi mai stati scritti dai loro professori. Pochissimi tra questi superstiti hanno potuto tornare nella scuola per riportarvi, come docenti, l’esperienza di quello che avevano imparato altrove». La «piramide rovesciata» è la struttura che domina nell’università italiana, dove tutto si regge sulla punta sottilissima di un corpo accademico non sostenuto dalle tensioni, dai suggerimenti, dalle esigenze provenienti dal basso, bensì dal principio di autorità. Il pamphlet di De Carlo, uscito originariamente nell’aprile del 1968, è al tempo stesso una cronistoria dei fatti pregressi – le occupazioni studentesche e i primi scontri, come la battaglia di Valle Giulia, noto bersaglio del polemismo poetico di Pier Paolo Pasolini – e un tentativo teorico di interpretazione specifica della crisi universitaria, in anticipo sul maggio francese. Scrive l’autore che «l’orientamento dell’Università di massa deve essere affilato sull’esercizio continuo della critica; proprio perché è di massa, una permanente tensione contestativa deve poter bilanciare i rischi dei comportamenti agnostici che si manifestano all’interno e all’esterno della scuola. A maggior ragione deve essere sostanziato di critica l’orientamento di una Facoltà di Architettura di massa dove la rassegnazione a un destino accessorio, sovrastrutturale e decorativo, minaccia di confondere le ragioni autentiche dell’architettura, la sua stessa sostanza e il suo ruolo nella società». Si tratta dunque di un documento unico sia per la biografia intellettuale di De Carlo – che poco dopo, il 30 maggio, subirà una dura débacle con l’occupazione e la distruzione della XIV Triennale di Milano, da lui diretta, sul tema del Grande Numero – sia per la cultura architettonica, che in quegli anni era profondamente impegnata in un ripensamento della tipologia universitaria, come dimostrano i tanti progetti di quel periodo realizzati sia in Italia sia in Europa. Il volume è completato da due saggi scritti negli anni immediatamente successivi, “Perché/come costruire edifici scolastici” e “Il pubblico dell’architettura”: entrambi traggono spunto dai fatti del ’68, collocandoli in una dimensione internazionale, ed entrambi si interrogano sulla possibile traduzione architettonica di alcune istanze sollevate dalla contestazione, segnando così il decisivo passaggio di De Carlo verso il tema dominante degli anni Settanta, vale a dire la partecipazione.