L’Africa Fantasma

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748 pp.
2020

«Questo diario non è una cronistoria della missione Dakar-Gibuti né ciò che siamo abituati a chiamare “un racconto di viaggio”. Nonostante vi si ritrovino il resoconto degli spostamenti, alcuni echi del lavoro svolto, le più memorabili delle nostre tribolazioni, queste note non costituiscono nient’altro che una cronaca personale, un diario intimo che avrebbe potuto essere benissimo redatto a Parigi, ma è stato tenuto in giro per l’Africa».

«Stanco della vita che conduceva a Parigi, considerando il viaggio un’avventura poetica, un metodo di conoscenza concreta, una prova, un mezzo simbolico per fermare la vecchiaia percorrendo lo spazio per negare il tempo, l’autore, che si interessa all’etnografia in ragione della portata che egli attribuisce a questa scienza nella chiarificazione dei rapporti umani, prende parte a una missione scientifica che attraversa l’Africa».
Così Michel Leiris rievoca le ragioni che lo spinsero a far parte della missione etnografica e linguistica Dakar-Gibuti come segretario-archivista e ricercatore. Un viaggio che dura quasi due anni (maggio 1931-febbraio 1933) e che sarà ricordato soprattutto per L’Africa fantasma (1934). Lungo questo diario, «in cui sono annotati alla rinfusa eventi, osservazioni, sogni, idee», Leiris prende coscienza di sé, dell’impossibilità del resoconto oggettivo di una missione, tanto più coloniale, e di come ogni esperienza sul campo abbia un valore iniziatico e non didattico.
Il volume, sequestrato negli anni della Repubblica di Vichy, ha avuto due ulteriori edizioni (1951, 1981) a cura dello stesso Leiris, divenendo la sua opera più celebre e un classico della letteratura, non solo di viaggio, del XX secolo. Insieme a Cuore di tenebra è considerato uno dei libri più importanti scritti da un occidentale sull’Africa.
Dopo molti anni, L’Africa fantasma torna oggi a disposizione del lettore italiano per le cure di Barbara Fiore, che, integrate le annotazioni delle varie edizioni francesi, ha arricchito l’opera con una sua postfazione. Completano il volume un testo di Jean Jamin, curatore in Francia delle opere africane di Leiris, e un apparato iconografico in gran parte inedito.