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di Barbara Monaco

Carrara anarchica, da sempre. Carrara storicamente anarchica. Carrara riconosciuta anarchica da quelli che stanno fuori e che la pensano anarchica. Carrara che a forza di essere ricordata si ricorda e si riscopre… Anarchica. Anarchica anche fuori dalle vinerie e dai circoli, oltre il 1° Maggio e il 7 Luglio, fuori e dentro la “città vecchia”, Carrara tornerà ad essere anarchica, anche il 12 Dicembre. Il merito è di Soledad Nicolazzi che, senza premeditazione, ha seguito il proprio istinto o il proprio cuore(?) insomma… sulle sue labbra, il 4 dicembre scorso, le note di “O Gorizia tu sei maledetta” sono sbocciate all’improvviso, senza un perché, se non quello di scoprire di non poter tollerare di vedere anche il proprio figlio in piedi, di fronte alle divise sull’attenti e a quel primo cittadino troppo patriottico nel glorificare le azioni intraprese durante quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale.

La Storia certo è sempre quella narrata dai vincitori ma, soprattutto colpevolmente dimentica delle minoranze: “Durante la cerimonia certo non sono state lette le lettere dei disertori o le parti cancellate dalla censura di guerra”, sottolinea l’artista nel corso di un’intervista rilasciata a “Radio Popolare Network”. E allora questo canto libertario è stato liberatorio, non è servito solo ad incuriosire gli astanti, ma ha dato la possibilità, anche a chi era convinto di non poterci credere più, di crederci ancora.

Da quel giorno da tutta Italia il tam-tam non si è più arrestato e, insieme alle congratulazioni è esplosa la voglia di partecipare, tanto da far cercare una data all’Archivio Germinal (la cui biblioteca fino a pochi anni fa aveva sede in locali donati quale riconoscimento per la lotta di Liberazione partigiana durante Resistenza, per venir in seguito dislocata dell’Amministrazione comunale in una fatiscente sede “provvisoria”): sarà così che il 12 dicembre le strade della città risuoneranno di canti intonati da artisti provenienti da mezza Italia. Canti che inneggiano alla lotta sociale e civile, perché questa volta, si afferma dal Geminal, “ai ragazzi vengano insegnati valori diversi dal sacrificio della vita per la vittoria. Proprio oggi sì, perché quando sembra si stia nuovamente soffiando sul fuoco della guerra, non pare il caso festeggiare quelle passate”. “Cantiamogliele”, questo il titolo dato all’evento, si snoderà per le vie del centro dalle 15.30 alle 16.30, per poi radunare tutti i cori in Piazza Gramsci alle 17 per la cantata finale.

Ma anche per altri motivi il 12 dicembre non sarà, come non è mai stato, da 46 anni a questa parte, un giorno qualsiasi. Correva l’anno 1969 quando in Italia, il 12 Dicembre inaugurava nel sangue la strategia della tensione. Alle 16:37, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura scoppiava un ordigno contenente 7 chili di tritolo, che uccideva 16 persone e ne feriva 87: la Strage di Piazza Fontana. È quindi questa volta del Comitato provinciale dell’Associazione Arci l’idea di proiettare, presso la Biblioteca Civica della stessa Piazza Gramsci, immediatamente dopo, alle 17.45, il documentario, da pochi mesi restaurato dal Centro Studi-Archivio Pasolini di Bologna, il documentario “Dodici Dicembre. Una bomba. La morte di un anarchico”. Anche in occasione dei 40 anni dalla morte del suo regista e ideatore Pier Paolo Pasolini, questo viaggio lungo la penisola, entra nel vivo delle realtà più dure del tempo, dove non possono mancare neppure le genti del marmo; un viaggio che arriva in cava e narra di quelle morti bianche e di quel sangue versato che, ieri come allora, continua a profanare il candore di quel che resta delle Alpi Apuane. E allora chissà se questo prossimo 12 Dicembre fra i cori di lotta non risuonerà, in memoria di quell’anarchico morto, anche questo.

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva,
“Brigadiere, apri un po’ la finestra!”,
una spinta … e Pinelli va giù.
“Sor questore, io gliel’ho già detto,
le ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe,
ma uguaglianza nella libertà”.
“Poche storie, confessa, Pinelli,
il tuo amico Valpreda ha parlato,
è l’autore di questo attentato
ed il complice certo sei tu”.
“Impossibile!”, grida Pinelli,
“Un compagno non può averlo fatto
e l’autore di questo delitto
fra i padroni bisogna cercar”.
“Stai attento, indiziato Pinelli,
questa stanza è già piena di fumo,
se tu insisti, apriam la finestra,
quattro piani son duri da far”.
C’è una bara e tremila compagni,
stringevamo le nostre bandiere,
quella sera l’abbiamo giurato,
non finisce di certo così.
E tu Guida, e tu Calabresi,
se un compagno è stato ammazzato,
per coprire una strage di Stato,
questa lotta più dura sarà.
Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva,
“Brigadiere, apri un po’ la finestra!”,
una spinta … e Pinelli va giù.


La vicenda è raccontata in questo pezzo apparso sul Giornale dello Spettacolo intitolato: O Gorizia tu sei maledetta, tutti in piazza con Soledad e gli altri.

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Aveva cantato “O Gorizia, tu sei maledetta”, la canzone pacifista più nota, più bella, più vera, ma anche la più contestata, sulla prima guerra mondiale. E aveva sorpreso generali e politici durante la cerimonia delle forze armate del 4 novembre scorso a Carrara. Ma non aveva potuto terminare il canto bello e libertario che ancora oggi ci parla della guerra e ci ricorda la pace. Soledad Nicolazzi, fermata e identificata quasi subito, ha detto al Tirreno:

“Sono andata a quella manifestazione per capire di cosa si trattasse visto che le scuole erano state invitate, inclusa quella di mio figlio. Quando ho sentito l’intervento delle autorità mi sono sentita di intervenire: era un discorso di stampo fascista, patriottico, che sembrava idolatrare quella guerra. E mi sono sentita di intervenire per questa città medaglia d’oro al valor militare per la resistenza che ha portato avanti. Quella canzone, mi è venuta da dentro, dal cuore. È una canzone che parla del macello della guerra del 15-18, una canzone che parla di pace. E io volevo ricordare proprio la storia di questa canzone. Quando mi sono avvicinata al palco mi sono venuti addosso in sette per farmi smettere di cantare. E mi sembra una reazione sproporzionata”.

Il 12 dicembre, invece, Soledad Nicolazzi artista di grande talento tornerà a cantarla nelle strade del centro storico di Carrara. E non solo “O Gorizia”, si canteranno tutti i canti popolari, tutti contro la guerra, per la pace, per la cultura, per la storia. A Carrara e a Trieste contemporaneamente. E con Soledad, durante l’evento “Cantiamogliele!”, organizzato dall’Archivio Germinal in collaborazione con il coro “Inni e canti di lotta” della scuola popolare di musica del Testaccio di Roma ci saranno: Voci di mezzo di Milano, Giovanna Marini e il coro Inni e canti di lotta, il coro Garibaldi d’assalto di Livorno, i cori di Pisa, i Suonatori terra terra, De Soda Sisters, Marco Rovelli, la Lega di Cultura di Piadena, Anna Barile da L’Aquila, Massimo Ferrante e tanti altri.

“Crediamo che sia sbagliato celebrare ancora la vittoria italiana nella prima guerra mondiale – fanno sapere dall’Archivio – inutile carneficina, e che non ci sia niente da festeggiare. E che proprio oggi, quando sembra si stia nuovamente soffiando sul fuoco della guerra, sia importante insegnare ai ragazzi valori diversi dal sacrificio della vita per la vittoria”, scrive il Tirreno.

Soledad Nicolazzi è un’artista con grande esperienza e tante capacità. Per esempio straordinario è il suo lavoro sui migranti con Alem Teklu (Miraggi Migranti: a teatro la grande illusione dell’epoca). “In cima a quel mondo lontano, sottratta a tutto il resto, c’è la residenza teatrale di Campsirago. E nella notte, perché lo spettacolo è cominciato quasi a mezzanotte, sono apparsi i miraggi migranti, attraverso la bravura scenica di Soledad Nicolazzi, le cui mani hanno raccontato con una perfezione che raramente a teatro si vede la storia di mille migranti in viaggio verso un Nord che respinge, da un Sud che potrebbe nutrire che parte. In un miscuglio di ragioni in cui il gioco dell’assurdo prende il suo spazio con una certa solennità”, ha scritto su questo giornale Antonio Cipriani (Quando i miraggi dei migranti, e di tutti noi, diventano arte).

O Gorizia tu sei maledetta – Sandra Mantovani

Il brano venne composto nel 1916 in trincea da autore anonimo nel corso della sanguinosa battaglia per la conquista della città friulana costata la vita a ben 100.000 uomini da ambo le parti. Venne trascritto successivamente a Novara da Cesare Bermani grazie alla testimonianza mnemonica di alcuni soldati di fanteria sopravvissuti al cruento massacro, gli stessi gli narrarono anche che chiunque venisse sorpreso a cantarla al fronte era accusato di disfattismo e quindi spedito davanti al plotone d’esecuzione. Non esistendo dunque un testo originale molte furono in seguito le versioni differenti dalla prima stesura, la più celebre delle quali sicuramente quella eseguita dall’indimenticato Michele Straniero a Spoleto nel 1964 nel corso dell’annuale Festival dei Due Mondi.

La mattina del cinque d’agosto
si muovevan le truppe italiane
per Gorizia, le terre lontane
e dolente ognun si partì

Sotto l’acqua che cadeva al rovescio
[variante: che cadeva a rovesci]
grandinavan le palle nemiche
su quei monti, colline e gran valli
si moriva dicendo così:

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu

O vigliacchi che voi ve ne state
con le mogli sui letto di lana
schernitori di noi carne umana
questa guerra ci insegna a punir

Voi chiamate il campo d’onore
questa terra di là dei confini
Qui si muore gridando assassini
maledetti sarete un dì

Cara moglie che tu non mi senti
raccomando ai compagni vicini
di tenermi da conto i bambini
che io muoio col suo nome nel cuor

Traditori signori ufficiali
Che la guerra l’avete voluta
Scannatori di carne venduta
[altra versione: ‘Schernitori di carne venduta’]
E rovina della gioventù
[altra versione: ‘Questa guerra ci insegna così’]

O Gorizia tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu.

Le immagini del video sono stratte da “Uomini contro – Francesco Rosi (1970)”. Il film, liberamente tratto dal libro “Un anno sull’altopiano” di Emilio Lussu, narra l’altra faccia della grande guerra quella nascosta all’opinione pubblica, lucido spietato e crudo atto d’accusa contro la cinica efferatezza del conflitto e la ferrea crudeltà della disciplina militare che condannava quotidianamente migliaia di uomini al macello sull’altare di dispute e sogni di gloria dei potenti. All’uscita nelle sale cinematografiche la pellicola venne dapprima censurata, poi boicottata dai circuiti commerciali a causa della chiara impronta pacifista e lo stesso regista fu a sua volta denunciato per vilipendio delle forze armate. Oltre il valore letterario l’opera di Lussu è da considerarsi un documento verità riguardo le alterne vicende belliche svoltesi sull’Altopiano di Asiago durante il biennio 1916/17, testimonianza di un inutile eccidio scritta propria manu dalla penna di chi quelle battaglie aveva combattuto davvero, ed eroicamente.

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