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di Antonio Brizioli

 

“Alberta si arresta improvvisa su piazza Mentana e gioca, gioca, gioca… Poi braccata se ne va.”

Una filastrocca tipica milanese, che ho scritto una sera strana in cui una ragazza, non so neanche se bella, sicuramente drogata, si è arrestata di fronte alla galleria dove stavamo progettando Emergenze per giocare un po’, o forse solo per fumare. Poi da piazza Mentana è ripartita verso non so dove, mentre io cercavo di addossarla alla parete con me sopra. Poi ho dormito molto bene. E oggi, che è un’altro giorno e non so nulla di lei, e forse neanche vorrei ritrovarla, corro a cercarla.

Faccio un giro dell’isolato per vedere se è nei paraggi, controllo anche sotto le macchine e dietro le grate ma niente. Allora penso che deve essere scappata in un posto dove non può trovarla nessuno. Entro nella buca della metro Sant’Ambrogio e scelgo la direzione subendo l’attrazione di una coppia di americani grassi come le risate che suscitano nei passanti. Stanno litigando tutti sudati e per guardarli ostacolo la traiettoria di un cieco che mi prende con l’asta. Mi scuso e vado dentro. Ho scordato le cuffie, sentirò meglio la città. Esco a Garibaldi perché non ho mai preso la metro lilla e non vorrei morire senza. Oltre ad essere la più nuova è anche la più lenta e rumorosa. Al cambio sbaglio e esco dalle barriere, il biglietto vale 75 minuti e un solo timbro. Suona la macchina e luce rossa. Un altro Euro e 50, buttato col sorriso. Sto cercando Alberta.

Esco a Marche perché confinano con l’Umbria ed entro nel quartiere di Milano più adatto a nascondersi. Quello scherzo urbanistico risultante dalla fusione fra la Maggiolina e il Villaggio dei giornalisti, grottesco esperimento. Giornalisti intesi come metafora della piccola e media borghesia. Le vie sono tutte dedicate a pubblicisti vissuti per lo più nel secondo Ottocento, gente che la storia avrebbe forse dimenticato volentieri… Eppure questo senso di inutilità è molto giocoso. Le vie sono le più profumate di tutta Milano, il gelsomino è invadente come un’edera saprofita e le case sono tutte basse. Piccolo borghese in casa bassa scrive il trafiletto e abbraccia la moglie bruttina dopo aver mangiato poco a cena. Fanno l’amore per tre minuti poi lui dorme che il giorno dopo ha la sveglia per uno speciale da una fabbrica occupata alla periferia di Milano.

So dove si nasconde Alberta, col suo viso di pinguino. Sta dentro un igloo. Sarà dentro uno dei dodici igloo in via Lepanto, visionari tentativi open space dell’architetto Mario Cavallè. Alcuni puliti e tuttora abitati da chi li ha presi fra gli insulti e ora li abita come un eroe della lungimiranza. Qualche igloo è trattato coi guanti, qualcun altro è abbandonato… Alberta starà sicuramente sradicando le erbacce da quello più fatiscente. Ma c’è solo una signora che sbatte il materasso. Alberta è andata via da poco. Ci sono tracce fresche.

Vengo depistato dai crampi della fame, che mi fanno apparire l’insegna di una vecchia trattoria toscana come i cancelli del paradiso. Bella veranda e bel profumo. Nessun cliente. La signora non crede che mi stia sedendo davvero, io nemmeno. La trattoria è la più rumorosa d’Italia, dal momento che i binari passano fra una metà e l’altra dei tavoli apparecchiati e li fanno tremare periodicamente con grande frastuono. La particolarità del menù è che benché la trattoria sia toscana, neanche uno dei piatti proposti è legato a quella regione. Opto infatti per le orecchiette alla vesuviana: pomodoro, mozzarella e origano. Sette euro ben spesi. O comunque meglio dei tre per il vino imbevibile. Pago ringraziando la direzione per il buon trattamento e lascio madre e figlio a qualche litigio derivante dalla malsana idea di mettere la cotoletta alla milanese nel menù. Vado a digerire frugando tra i piloni della palafitta del razionalista Figini, che abitò questa strana casa sospesa fino alla morte. Oggi gli alberi coprono la visuale. E Alberta, con quel corpo da anfibio, starà sicuramente nuotando nella palude sotto i dodici piloni. Metto la testa sottacqua con curiosità da girino e agilità da anguilla. Alberta non c’è, starà giocando da qualche altra parte. Domani forse la cercherò nel grano… Senza sottovalutare il tragitto…

 

Di seguito, qualche scatto della deriva, direttamente dalla Maggiolina di Milano, un quartiere che se non ci vai non pensi che possa esistere: