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Testo di Emilia Barbu

Non c’è un cane di cristiano che gli stia accanto
Non c’è dottore, non c’è infermiere
Non c’è pietà e non c’è scusa
Non c’è legge di Basaglia per l’umanità delusa

Con questo testo cantato da Alessio Lega si è concluso, mercoledì scorso, il primo dei dieci incontri della programmazione primaverile di Edicola 518. I corpi confinati al chiuso dalla pioggia (nella Sala Muro Etrusco di Umbrò per la precisione), le menti liberate dal tenore del dibattito. L’occasione era il quarantesimo anniversario della legge 180, conosciuta da tutti come “Legge Basaglia”, che chiuse (almeno formalmente) tutti i manicomi d’Italia, e la presentazione in anteprima del libro Basaglia e la metamorfosi della psichiatria di Piero Cipriano (elèuthera editrice).
La sala straripante di gente, con tanti drammi personali e altrettante teste attente e piene di idee, ha vibrato di racconti di follia in fasce, follia liberata, follia ignorata, esempi d’isolamento e cambiamento, pessimismo e rivoluzione, oscillando tra realtà brutali e umanità confusa. I discorsi di Piero Cipriano sono stati cadenzati dagli interventi musicali di Alessio Lega e Rocco Marchi. La loro interpretazione dal vivo dell’album E ti chiamaron matta di Gianni Nebbiosi, ha fulminato la sala con testi e interpretazioni cui ha potuto rispondere soltanto un solenne silenzio. Con la sua dialettica pungente, Piero Cipriano ha accompagnato il pubblico attraverso la storia dei manicomi. A partire dagli albori, nel 1793, in piena Rivoluzione Francese, con Phillipe Pinel che metteva il primo mattone sul grande muro del paradigma dell’isolamento come terapia. Da lì in poi segue una lunga discesa negli inferi. Il paziente che soffre di un disturbo della psiche viene etichettato come pericoloso e il meccanismo non manca di fare distinzioni di rango, rendendo “il manicomio il luogo della miseria, il luogo di chi non ha e non è, il luogo dei vomitati della società”. È in questo panorama che si inserisce la rivoluzione di Basaglia, che vede l’emergenza di distruggere i manicomi come una tappa essenziale nel trattare tutte le persone senza distinzioni, e la necessità di curare e accogliere piuttosto che recludere. La sua visione dissidente e a volte utopica spinge all’elaborazione della Legge 180, che prevede l’abolizione di tutti i manicomi ma, al contempo, gli permette di riproporsi sotto altre forme.
La de-umanizzazione del prossimo sembra l’esito inevitabile di ogni approccio alla faccenda. Detenere, separare, abusare del diverso, reagendo come un corpo commune che si deve sbarazzare di ciò che non si inserisce perfettamente nel sistema è l’attitudine reciproca degli esseri umani.
E se adesso quei luoghi impossibili e kafkiani (così definiti da Cipriano) che erano i manicomi classici non esistono più, il loro posto è stato preso dagli psicofarmaci, dai non-casi trasformati in casi e da un esponenziale aumento delle diagnosi di disturbi psichici. Spingere verso un ideale di controllo maniacale è la parola d’ordine, addormentare le anime anziché curarle, con filtri e reti che escludono ad ogni costo il dibattito e la possibilità del dolore.
Il manicomio ha cessato di esistere perchè è ovunque, consegnato a domicilio sotto forma di confezioni di pillole. Lo psichiatra è sempre più individuato come il depositario di una ”soluzione” facile e rapida per ogni problema, escludendo spesso anche il dubbio sull’esistenza di quel problema: basta non sentire, per poter assecondare ritmi disperatamente regolari.
La serata si è conclusa sulle parole di Lara Bellini, che ha fatto riferimento non solo a Frantz Fanon, una figura centrale nella storia dell’etnopsichiatria, ma anche a Barbara Ehrenreich che sottolinea, nel suo libro Dancing in the Streets: A History of Collective Joy, come i rituali collettivi di gioia siano stati sostituiti da ritmi severi e incalzanti, che hanno soffocato ogni sfogo umano. Perciò è auspicabile un ritorno a vie alternative di cura, all’inventarsi dei riti piuttosto che crollare sempre sulla strada più facile di uniformazione ed evasione, di stordimento ed isolamento. L’eredità di Basaglia ci insegna che le utopie a volte prendono non solo le ali, ma anche la forma degli strumenti legislativi. Eppure la lotta è continua, e chi vuol vivere fuori dalle righe dovrà sempre fare i conti con chi quelle linee le traccia e ad ogni costo cerca di forzare l’esistenza altrui al loro interno.

 

Di seguito alcune foto della serata ad opera di Alberto Brizioli:

 

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