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di Redazione

 

Il superlativo e l’assoluto ci appartengono poeticamente. Per questo Bellissima Fiera ci calza a pennello, poi vedremo in che condizioni si eserciterà, in questo contesto milanese, l’ambiguità della scoperta che dal primo passo muove menti e cuori del progetto Emergenze, in deriva costante e controllata fra poesia e editoria.

Portiamo con noi la storia millenaria e questi ultimi due anni in cui l’abbiamo agita, con quella furia mistica che viene dalla semplicità assoluta e pura di un pensiero che si fa azione. Di un pensiero che passo dopo passo, nodo dopo nodo, si fa azione, senza mai perdere visione e magia, mettendo radici e sovvertendo tutto quello che per missione e ammissione sembra immutabile nel tempo. Per missione, da parte di un potere che ha bisogno di declinare il proprio fascismo intrinseco in forme più coerenti con l’epoca, con una sensualità e un consenso che nascono dalla profonda ammissione dell’inutilità artistica e filosofica. Che nascono dalla resa, da quella forma perversa che appare scintillante e intellettualmente brillante e accettabile. Devastante perché davanti gli occhi e invisibile.

Per questo, abbiamo ripreso il filo, lo scorso 27 febbraio, connettendo le due estremità del centro storico di Perugia con un filo rosso, rosso e da pochi soldi, come dispositivo artistico e nel contempo strumento d’inchiesta privilegiato, in grado di schiudere sensi nuovi, di rinnovare i rapporti, di propiziare incontri, di far saltare il banco. Come reazione alle teorizzazioni astruse che celano il monumento alla resa culturale.

Poi un giornale di carta, come non se ne fanno più. Grande, difficile da piegare senza violare una forma assoluta di bellezza, costruito con mani sapienti e cuori ruggenti. Con un tempo di scadenza. Che nasce da redazioni aperte, spalancate a restituire a tutti noi il dono dell’ascolto, della storia inattesa che sostituisce ogni format, del potere sovrano dell’oggetto artigianale a fronte del fatto che nessuno conosce più manco le basi minime di quello che vuol dire fare un giornale. Fare un giornale. Non copiare un format. Mettere dentro il seme del dubbio, la pazienza del dubbio e le declinazioni nella vita.

Per questo abbiamo affrontato la desertificazione e affidato a un luogo simbolico le nostre idee: un’edicola sulle scalette del centro storico di Perugia. Un’edicola che dal centro guarda il mondo e viceversa. Noi tutti appesi a un filo, in bilico sul futuro, stiamo vangando questa terra arida. E magnifico sarà il festival di volti e di parole che fiorisce da questa semplicità rivoluzionaria.

L’editoria non ha senso, se non se ne comprendono le trappole, le contraddizioni, i rapporti di potere che la regolano eppure le persistenti potenzialità, altrimenti non saremmo qui.

Ci dicono che la gente non legge più. Ci dicono che la carta non ha più ragione di esistere. Ci dicono che online è facile trovare un’informazione di qualità. Ma siamo sicuri che sia così? Siamo certi che non sia il caso di procedere ulteriormente nell’analisi?

Per saperne di più siamo partiti da un’edicola, simbolo dell’editoria. Secolare luogo in cui si sono susseguiti nel tempo milioni di passaggi di un pezzo di carta scritta dal venditore al fruitore. Le edicole stanno chiudendo, una dopo l’altra, in tutte le nostre città. Centri e periferie sono puntellati di baracchini arrugginiti cui si fa fatica a trovare un senso. E ci dicono, per lavarsi la coscienza, che la gente non legge più.

La verità è che l’edicolante è stato ridotto a inerme e passivo divulgatore di un prodotto senza valore, dalla bassa qualità contenutistica e peggiore qualità grafica, un prodotto che sotto diversi nomi e variegate copertine, nasconde il potentato di due o tre editori che continuano a fondersi fino a stroncare ogni residuo di pluralismo.

Si tende ad attribuire la colpa della chiusura delle edicole alla gente che non legge più mentre noi con quella gente, questa volta, vogliamo gratificarci. Perché non leggere più quel prodotto di scarto che l’edicolante è costretto a vendere, non può che essere una nota di merito. Ed è un dramma ovviamente, che ci rimetta l’edicolante in prima persona, ultimo anello della catena e attore passivo di un film già visto, privato della sacra possibilità di scegliere la qualità e la quantità del prodotto che s’incarica di divulgare. Costretto meccanicamente ad aprire scatoloni dal contenuto ignoto, o forse fin troppo noto.

Ripartiremo da un’edicola nel punto più bello della città di Perugia, dove le scalette di Sant’Ercolano forniscono accesso all’acropoli separando l’omonima chiesa di uno dei santi patroni della città da questo baracchino desideroso di riacquistare senso. Sorvolati a destra da un arco che tramanda la sapienza della civiltà etrusca e a sinistra dai residui di una rocca che ricorda secoli di oppressione papale.

Abbiamo comprato un’edicola per lanciare un discorso a tutto campo sull’editoria. E saremo a Bellissima Fiera non tanto e non solo in qualità di venditori, ma di attori intraprendenti di un discorso che riguarda tutti.

 

Bellissima Fiera avrà luogo al Palazzo del Ghiacchio di Milano fra da venerdì 18 a domenica 20 marzo. Saremo lì in tanti e a tempo pieno per lanciare dallo stand G07 il nostro discorso a tutto campo sull’editoria e sulla vita.

Foto di Irene Maiellaro

 

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