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Cicciolina scacchista e la rivolta degli dei

«Sai giocare a scacchi, Ilona?»

La domanda sorge spontanea a chi è spontaneo. Vuoi perché l’Ungheria è terra di grandi scacchisti. E vuoi perché Ilona, nella propria vita, ha praticato sia l’arrocco che il matto in tre mosse.

Teatro Sant’Ercolano è il romanticismo di parentesi che scivolano via in una piega remota del tempo in cui davvero viene da chiedersi quale sia il confine fra la finzione e la realtà. Fra il credere fortemente in un’arte e il vederla realizzarsi ai piedi di una fontana.

Simultanea di scacchi. L’onorevole contro tutti. Stavolta da vestiti, s’intende. Con la corona di fiori che fu portata in Parlamento a celebrare, fra i tristi scranni della comodità più austera, l’amore libero per la rigenerazione di un paese mai cambiato. Che periodicamente ricade nella trappola del tradizionalismo autoritario.

Cicciolina è la dea decaduta che ancora infiamma pubblici e platee. L’icona dell’amore dato e mai reso. Del paradiso dei sessi che si sfiorano e poi confliggono fino a farsi nemici. E costringere la giocatrice al rapimento del figlio in terra straniera. Apertura a Fiumicino, torre a New York, diagonale dell’alfiere a Cuba e fuga in Italia lasciando lì i pezzi, la scacchiera e l’amor perduto.

È una partita già scritta. Comunque vada la regina resterà regina e i pedoni resteranno pedoni. Perché nella confusione dei tempi, una sola cosa è immortale: il fascino scintillante delle ultime star. Ovunque riconosciute, guardate, scrutate e sparlate. Dove sono le nuove star, oggi che i 15 minuti di popolarità sono diventati al massimo due e mezzo?

Non muoiono gli dei. A morire è la fede dell’ingrata schiera dei mortali.

E non muoiono allora, Cicciolina e Sparagna. Alleati fin dai tempi d’oro di Frigidaire e ancora amici, complici fianco a fianco di una battaglia che li ha visti cedere solo all’abilità di una giovane di fama mondiale. Gli altri, chi più chi meno: tutti sbaragliati.

Ma non è la vittoria a rendere gli dei immortali. Piuttosto la gestione delle proprie forze come espressione diretta di un’eleganza del gesto che solo la vita vera può insegnare. La complicità che ci fa scegliere, quando la mano di uno è sulla torre e quella dell’altro sul cavallo, chi debba muovere. Perché più bella della vittoria è la mossa sicura che fuoriesce da un’intesa silenziosa.

Chi vuole spazzare via gli dei, e perché?

È una domanda antica quanto l’uomo. E un desiderio umano quanto la mediocrità. Uomini piccoli che attaccano storie grandi. Malcomprensioni che si fanno violenza politica. Il solito incendiarsi a vicenda dell’uomo che da solo non è mai pericoloso, ma in gruppo diventa perfino brutale.

Troppo facile accerchiare con le torce di fuoco una casa di paglia. Eppure c’è chi non smette mai di farlo.

Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del tuo tempo. Ma sappi che uccidere gli dei non renderà – te – Dio. Ma solo uno dei tanti furfanti che hanno fatto la storia in negativo.

Per gli altri, al massimo, la casa di paglia diverrà casa di nebbia. E il tappeto di stoffa tappeto di fango. La palude degli dei non è poi così umida. Mentre la casa dei mortali, benché rassettata ogni mattina con cura, si arreda spesso della bruttezza di chi la vive.

Antonio Brizioli

 

 

Le partite disputate in simultanea da Cicciolina il 25/07/21 a Teatro S.Ercolano.

 

 

Cicciolina scacchista e la rivolta degli dei

Intervista di Lavinia Bottini a Vincenzo Sparagna

A Teatro Sant’Ercolano abbiamo voluto, per sensibilizzare rispetto alla situazione di Frigolandia, coinvolgere quella che a tutti gli effetti è un’icona popolare conosciuta in tutto il mondo: Cicciolina. Tu e lei siete fortemente legati, penso alla copertina di Frigidaire del 1985, “Io troia senza peccato”. Come vi siete conosciuti e come si è evoluto, nel tempo, il vostro rapporto?

Lei per un certo periodo faceva queste trasmissioni radiofoniche “Cicciolini miei”, molto simpatiche (lo sapevo, non è che seguivo le trasmissioni, me l’hanno detto). Poi, ad un certo punto, invece, con Schicchi, che era il suo manager oltre che suo marito, sono passati al porno hard. In occasione di questo passaggio, andò a intervistarla per Frigidaire Carlo Silvestro – una bellissima intervista – poi lei venne in redazione per fare le foto, quindi ci siamo conosciuti a Monteverde, quando stavamo a Roma.

Lì è nata la nostra amicizia… molto amicizia, ci tengo a sottolinearlo. Nel senso che io proprio al suo mestiere di porno star non ci ho mai neanche pensato vagamente. Non l’ho mai guardata sotto questo profilo erotico, ma sempre come una persona carinissima, capace, molto simpatica, come avete visto anche voi quando è venuta, con una sua, diciamo così, deliziosa ingenuità, una sua innocenza profonda. Poi ci siamo continuati a vedere ogni tanto, perché ero diventato per lei un amico che le poteva dare dei consigli; mi ha raccontato quando si è innamorata di Jeff Koons, quel delinquente del marito, miliardario, prima l’ha sfruttata come icona erotica mondiale poi dopo non le paga neanche gli alimenti… I miliardari sono spesso le peggio carogne!

Naturalmente lei ha collaborato ancora con degli articoli per noi; quando facevamo il “Lunedì della Repubblica” scriveva questi lunghi testi che poi noi titolavamo, aggiustavamo in modo da renderli ancora più strambi di quanto già non fossero. Un anno dopo l’intervista nostra, attraverso Pannella che era, peraltro, un mio grandissimo amico, fu messa in lista con i Radicali e quindi divenne deputata. Presentò dei disegni di legge che ovviamente non sono mai stati discussi, ma erano degli ottimi disegni di legge. In particolare quello volto a permettere le visite private nelle carceri, almeno ogni tanto… nel senso che tu puoi condannare uno ad anni di galera, ma perché lo devi condannare all’astinenza per anni oppure a farsi scopare nei bagni da qualcuno? È una cosa abbastanza barbara, tanto più quando le pene sono lunghe, quindi, voglio dire, come si fa in alcuni paesi civili, ci può essere una visita al mese del tuo partner, che sia maschio o femmina. Lei ha fatto del suo meglio in Parlamento.

Poi c’è stato un episodio curioso, sempre per questo rapporto singolare da amico-consigliere che ha accentuato una certa confidenza tra di noi: quando c’era un gruppo di presunti industriali che voleva finanziare con un miliardo – così avevano detto – il suo Partito dell’amore. Allora mi ricordo che venne da me in redazione, dicendomi «guarda, questi vogliono darmi un miliardo per il Partito dell’amore, ma io ora che faccio? Dammi una mano!» e io pensai: «ah, però, si potrebbe fare… effettivamente se ci danno un miliardo, ce n’è di che organizzare un partito!». E quindi andammo insieme a Torino per parlare con questa banda di industrialotti che volevano finanziare il Partito dell’amore, poi in realtà si scoprì che questi se volevano solo scopà Cicciolina… Insomma, lei se ne andò schifata dalla riunione dicendo «sti pezzi di merda, mi fanno arrivare fino a Torino, ma dico io, dimmelo prima!».

Poi ci siamo sentiti più recentemente dopo questa cazzata dei Cinque Stelle, l’ennesima, quella dei vitalizi, no? La storia dei vitalizi riguardava in tutto 1.200 persone (nel frattempo 300 sono morte perché i vitalizi erano stati spenti nel 2012),  quindi chi ha fatto il deputato o senatore prima del 2012 – andatevi a fare i calcoli – ha 70 anni per gamba o giù di lì. 300 sono morti, più della metà erano senatori e il Senato ha ripristinato le regole precedenti, quindi hanno avuto gli arretrati, mentre la Camera non l’ha ancora fatto. L’enorme risparmio che si sarebbe fatto su tutti i 1.200 era stato calcolato in 50 milioni di euro in cinque anni, su una spesa per le pensioni di 750 miliardi. Per dire che avremmo avuto un risparmio ridicolo grazie a questo taglio, neanche un euro a persona per italiano in cinque anni, eccolo il grande risparmio sulle pensioni. Nel caso di Cicciolina – perché l’ho seguita, me l’ha raccontato – le hanno decurtato la sua pensione da 2.800 a 1.200 euro mensili. Ora, il problema è che quando uno fa il deputato ha oggi uno stipendio di circa 13.000 euro mensili in tasca e paga 8.000, 9.000 euro di contributi ogni mese quindi, al termine di un anno, un normale parlamentare ha versato 100.000, 120.000 euro di contributi. Al termine di una legislatura ha versato 500.000, 600.000 euro, lo calcolo a occhio per capirci… allora, per recuperare questi benedetti 600.000 euro, per quanti anni devi prendere la pensione? Se è di 2.800 euro ci devi mettere più di 30 anni, quindi devi arrivare a 95 anni per recuperare i tuoi soldi. A 1.200 euro al mese, la povera Cicciolina, solo per recuperare i suoi contributi dovrebbe arrivare a 135, 140 anni. Comunque lei vive adesso di questi 1.200 euro mensili, nella speranza che la Camera ripristini un minimo di legalità rispetto alle puttanate dei Cinque Stelle, e restituisca la pensione a questi ex deputati anziani prima che muoiano.

Non lo so se lo fa ancora, ma qualche anno fa, quando venne a trovarmi qua la prima volta, per tutto il viaggio aveva dovuto parlare con un tizio al telefono, perché era costretta a fare ancora le telefonate erotiche. Questo tizio l’ha tenuta al telefono per un sacco di tempo mentre lei se ne inventava di tutti i colori: «sono in bagno», «sono appena uscita dalla doccia», «mi sto asciugando», alla fine non sapendo più che dire, se ne uscì con «mi sono cosparsa di miele, ti piace il miele? Leccami tutto il miele». Poi è caduta la linea e lei ha detto «ah, finalmente». Mezz’ora dopo, mentre stavamo chiacchierando tranquillamente, le arriva una telefonata, lei risponde, era quello di prima: «oh scusa, è caduta la linea, eri piena di miele…». E lei si è dovuta un attimo appartare per cercare di chiudere questa telefonata. Per dire che lei adesso vive una vita non semplicissima, perché effettivamente 1.200 euro al mese stando a Roma, con tutte le spese di casa e quant’altro, non le bastano davvero.

  L’impressione è che molta gente, come spesso accade, abbia confuso la sua professione con la sua vita…

Ma non solo… Lei quando stava con Schicchi, che per altro era una persona davvero notevole, si batteva sul serio per un certo tipo di liberazione sessuale. Lì alla base c’era questo, bisognava rompere una cappa. Quando io ero ragazzo a Napoli, ho scopato per la prima volta a 20 anni – sulle Dolomiti peraltro, non a Napoli – perché effettivamente a quei tempi le ragazze dovevano arrivare vergini al matrimonio, parlo di sessant’anni fa. Potevi avere dei rapporti ma erano quelle situazioni in cui al massimo ti facevi qualche carezza, ma neanche troppo spinta, perché altrimenti ti sentivi dire «lì no, per carità!».

Come scrissi su Frigidaire, c’era e c’è ancora il problema di mettere insieme corpo e anima. Questa idea che lo spirito sia completamente separato dal corpo è una pesante eredità di secoli e secoli di cattolicesimo oscurantista. Invece il sesso ha una funzione importantissima in qualunque disciplina, anche nella filosofia più astratta, anche se stai studiando algebra o geometria non-euclidea, alla fine è il tuo corpo che ti permette di avere dei pensieri. Questo corpo non è una cosa che non c’è se pensi o scrivi: c’è, e conta moltissimo.

  Noi infatti abbiamo utilizzato l’immaginario degli scacchi proprio per decontestualizzare la figura di Cicciolina e unire una parte fortemente passionale – quella erotica – ad una razionalità che, invece, è quella della scacchiera…

Io gioco a scacchi, infatti ho fatto da spalla a Cicciolina. Tutto sommato è andata bene: due vinte, una impattata, l’altra persa. Io l’ho vista come una cosa brillante. Un po’ era una citazione della partita a scacchi di Duchamp, infatti all’inizio mi era stato anche chiesto di giocare nudo! A parte che non sarebbe stata una bella mossa per i miei guai in tribunale, ma poi il ribaltamento di Duchamp l’abbiamo già fatto in passato, “mettendo a nudo” il critico d’arte Achille Bonito Oliva su Frigidaire. Invece, riprendere gli scacchi come territorio dell’intelligenza, come gioco di strategia, dove da un lato ogni pezzo ha una sua individualità, ma dall’altro c’è una dimensione corale, per cui se i pezzi non collaborano non c’è gioco. Il cavallo non sta per i fatti suoi, deve essere protetto dall’alfiere… un po’ come il calcio, tu puoi anche essere Maradona, ma devi avere intorno il Napoli che ti sostiene, quindi è un gioco nello stesso tempo individuale ma anche collettivo. E ha una lunga tradizione di intelligenza. Spostare il discorso su questo campo è stato un modo brillantissimo per far diventare l’evento una notizia, tanto è vero che l’hanno ripresa ovunque. La stessa Ilona mi diceva: «Da non crederci, è la notizia recente su di me che è rimbalzata di più!». Perché lei aveva appena fatto quella campagna per PornHub, non so che faceva, la Venere di Botticelli, una cazzata del genere, e tutti scandalizzati. Gli Uffizi: «Come ti permetti?». Un’altra cosa delirante perché i quadri viventi si fanno da una vita e l’imitazione scherzosa, fotografica, porno o quello che ti pare di un quadro famoso, beh insomma, è un détournement legittimo come si dice, seppur banale da un certo punto di vista. Comunque neanche quella è rimbalzata così tanto nonostante la denuncia degli Uffizi e di non so quali altri musei. Invece la trovata degli scacchi è andata molto bene, proprio perché aveva questa lateralità di concezione.

Cicciolina, in conferenza stampa, ha paragonato la partita a scacchi a un rapporto sessuale.

In un certo senso, per estensione… oddio un rapporto sessuale è meglio eh… è divertente giocare a scacchi, però, insomma, non facciamo paragoni impropri.

   Magari nel rapporto sessuale uno non mette in atto tutta quella strategia, però sicuramente lo studio dell’altro c’è. 

Sì certo, è una parte importantissima. Nell’amore, si capisce, ma anche negli scacchi certamente, devi seguire i movimenti e quindi anche il carattere dell’altro. Ci sono quelli che giocano con molta irruenza, magari fanno molti errori, dopo un po’ capisci che questa irruenza la puoi facilmente prendere in infilata e quindi fregarli; quelli che invece giocano con molta meditazione, lì è meglio che cerchi di capire tutte le varianti possibili perché non sai dove vanno a parare. 

   Quindi è proprio un’unione fra corpo e mente totale, un ritorno all’antica Grecia…

Assolutamente sì. L’antica Grecia che è anche una delle radici più profonde della nostra idea dell’arte Maivista. Lo spunto iniziale erano i miei disegni. L’arte Maivista nacque da un’intuizione di Andrea Pazienza. Io non avevo mai pubblicato i miei disegni su Frigidaire, perché mi sembrava di entrare in competizione con una serie di disegnatori che già dirigevo decidendo chi pubblicare e chi no… Scrivevo, decidevo tutto il giornale, mi sembrava esagerato pubblicare anche i miei disegni, quindi li ho lasciati per lungo tempo lì – tranquilli – a dormire nei loro cassetti. Poi invece Andrea, siccome disegnavamo sullo stesso tavolo, disse: «Ma no, pubblichiamoli! Questa comunque è arte, però non viene vista e quindi è arte maivista».

L’arte Maivista è quell’arte che ti riesce a comunicare qualcosa sempre, e quindi ti comunica un’idea di bellezza anche quando magari raffigura dei mostri, come nel caso di tanti artisti straordinari che hanno disegnato delle cose che non sono la bellezza nel senso in cui uno può intenderla, ma che hanno in sé un’idea di bellezza e di verità che attraversa le stagioni, i secoli, le società, il tempo. Quindi noi possiamo ammirare l’arte giapponese di Hokusai, oppure possiamo ammirare le sculture greche di Prassitele o di Fidia anche a distanza di millenni, o l’arte di tutti i tempi: del Medioevo, del Rinascimento, del secolo scorso. Perché tutte hanno un loro substrato di comunicazione in qualche modo misterioso, che poi è il mistero dell’estetica, il mistero della bellezza in sé, che non sai perché attraversi così il tempo ma lo fa. C’è qualcosa di divino nell’idea della bellezza e dell’arte in generale. L’arte non ha bisogno di una traduzione. Lo stesso non si può dire ad esempio della poesia.

A volte le poesie sono straordinarie ma le poesie di Pasternak ad esempio, non conoscendo io il russo – a differenza di mio padre, che è stato un artista di proporzioni straordinarie – non posso capirle a fondo nella loro armonia. So bene, lo vedo anche leggendo il cirillico, che sono per esempio poesie in rima cadenzate secondo una certa metrica, ma capisco anche che c’è un qualcosa che non si può trasferire nella traduzione. Quindi nella traduzione capisci il senso poetico di quello che sta dicendo Pasternak, come puoi capire il senso dell’Odissea e dell’Iliade, che in greco sono in quel particolare tipo di scansione che era anche un po’ sonora, un po’ cantata e che nella traduzione di Pindemonte sono diventate opere in versi italiani, secondo lo stile della sua epoca. Invece, nella traduzione di Rosa Calzecchi Onesti c’è un approccio diverso a quanto ha detto Omero, in versi liberi, senza la rima, senza più uno schema metrico e lì scopri anche un altro testo. Omero ha detto più di quello che ha detto Pindemonte nella sua traduzione, costretto com’era dalla metrica italiana. Quindi la poesia presenta una barriera linguistica, mentre l’arte la vedi. E puoi capire l’arte africana senza bisogno di parlare lo swahili, puoi capire l’arte azteca senza conoscere la lingua degli aztechi o l’arte egizia senza saper leggere i geroglifici.

  Cioè, è come se fosse un linguaggio universale, che non risponde a nessun codice, ma è innato. Però forse anche nel caso dell’immagine aiuta conoscere la cultura di riferimento per una comprensione profonda…

Assolutamente, però c’è questo meccanismo magico. Per fare un paragone a noi vicino, certamente anche la scultura greca ha una profonda simbologia dietro. Fa parte di quella società in cui c’erano gli dei dell’Olimpo ed erano presenti nella vita di ciascuno: c’erano altari in ogni casa.

C’è sempre una struttura sociale dietro… quella ad esempio era una società schiavista, la democrazia greca o ateniese viveva sulla pelle degli schiavi che facevano i lavori più umili. Ora tutto questo retroterra culturale a noi non arriva, però ugualmente ci arriva questo messaggio transepocale della scultura greca o della pittura di Pompei. E perfino la pittura delle caverne o gli egizi ci arrivano senza per forza dover andare a fondo nella loro cultura. Ci arrivano per la magia dell’immagine, però ci arrivano. Noi riusciamo a cogliere perfino l’eleganza delle decorazioni astratte delle moschee, che sono straordinarie e sono veramente un altro tipo di arte che si potrebbe definire concretamente astratta.

Si può certamente andare a fondo in ogni cosa ma non è lo studio a far sì che in fondo tutta l’arte sia Maivista, se è arte. Perché appunto, ha questo elemento di comunicazione interiore che attraversa il tempo. Nel nostro caso è doppiamente arte Maivista perché non venivano considerati arte non solo i miei disegni (letteralmente mai visti), ma il fumetto d’autore, la satira, l’illustrazione… In questo senso la nostra è arte Maivista anche dal punto di vista delle categorie dell’arte. Arte alta, arte bassa, arte popolare, arte d’élite, siamo spesso condizionati da questi sbarramenti e queste categorie, per cui pare che l’unica arte che devi vedere sia quella che trovi nelle gallerie oppure nei musei. E invece c’è tantissima arte che non viene vista, ma esiste. Ed è arte a pieno titolo. Quindi in questo senso il concetto di arte Maivista è estendibile nello spazio e nel tempo come una molla che non si spezza.

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