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A Paul Virilio,
A quel vecchietto gentile
Che aveva capito
che tutto questo nostro correre
da una parte all’altra
Non ci avrebbe portato a nulla.
Ma anzi, che a quel nulla
ci avrebbe consegnato
con la stessa velocità
di una diretta streaming,
o della mia eiaculazione
davanti a un porno.
Senza possibilità di ritorno.

Censura Subito!!! Di Ian F. Svenonius è un libro di cui sento tutto il peso, per vari motiviIl primo l’ho appuntato con la matita a pagina 11, dopo la prima lettura: è una lettera d’amore all’arte. Perché dell’arte, solo chi ci ha dedicato la propria vita potrebbe parlarne.
Il secondo è che il rischio di prenderlo come un Apocrifo, oppure al contrario di mortificarlo, non cogliendone il senso, era una forbice di possibilità che mi stava uccidendo.
Il terzo è che Ian Svenonius ha dato vita ad una serie di band incredibili, che se non mi fossi trovato tra le mani questo libro probabilmente non avrei avuto modo di conoscere.
Il quarto è che di questo libro sono già uscite nei mesi scorsi almeno altre tre o quattro recensioni fatte tra l’altro molto bene: su Vice (https://bit.ly/2KiWizG), su Esquire (https://bit.ly/351LFZI), su Themillennial (https://themillennial.it/cultura/censura-%20subito-recensione/) interessantissimo soprattutto per il paragone con Tyler Duren di Fight Club, e su Linkiesta (https://bit.ly/32OAQZw), quest’ultimo, a mio avviso, il migliore.
Per tutta questa serie di motivi, avrei voluto prendere e fare qualcosa di diverso, d’incredibile, scrivere un articolo dal titolo La distruzione dell’arte in 13 punti, riprendendo la mia tesi di laurea scritta su Paul Virilio. Oppure sublimare tutti gli altri articoli presenti sulla piazza, con una recensione puntuale, intelligente, totale. Invece, non ho fatto altro che procrastinare, rinviare, rimandare, scappare, come sempre.

Con il festival a cui stavo lavorando da quasi un anno alle porte, giornate lavorative di 12 ore senza sosta, e un disco da finire di registrare, non è stato nemmeno troppo difficile.
In ogni caso l’incontro con un padre spirituale che mi ha detto senza mezzi termini: se continui così tu all’estate prossima non ci arrivi; Una bottiglia di Morellino di scansano anno 2016; La voglia di vedere le teste dei miei datori di lavoro appese sulle picche; La voglia di portare a termine l’impegno preso e l’ennesima serata estiva sottratta alla persona che amo, mi hanno portato finalmente a scrivere due righe su questo incredibile libro uscito in America nel 2015 e tradotto in maniera esemplare da Veronica Raimo per Nero Edizioni nel febbraio scorso.

Credo che un libro con così tante suggestioni non si possa commentare che con altre suggestioni, nemmeno troppo originali, che spero mi perdonerete leggendo il libro. Come ad esempio il fatto che anche le nostre personalità sembrano ormai costruite come i moduli di assemblaggio dell’Ikea. Oppure che abbiamo preso l’arte e l’abbiamo ridotta a un passatempo, portandola ovunque e sempre più spesso senza cognizione di causa. Arte nelle case e nelle macchine di tutti. Arte dal parrucchiere e dal commercialista, al ristorante, al centro commerciale. Basta che ci sia sempre qualcosa da vedere e un motivetto da fischiettare.
Come se ci stuprassero le orecchie.
Come se ci scopassero gli occhi.
Se fossimo in un regime totalitario tutti sapremmo benissimo cosa significa la censura: negare l’esistenza di una qualsivoglia forma di espressione che si oppone, nega, o non rispecchia perfettamente il credo dell’ideologia dominante.
Uccidere o isolare chiunque si avvicini a quella linea che separa il sentire comune, dall’incerto, dall’ignoto, dal non conosciuto.
Tutti sapremmo benissimo chi e cosa sarebbe sottoposto a censura e perché. Non saremmo liberi di esprimerci, non ci sarebbe libertà di parola. Di stampa, di opinione.
Al bar, avremmo paura di dire quello che ci passa per la testa, spaventati dal rischio che la nostra voce possa arrivare alle orecchie sbagliate. La religione sarebbe una e una soltanto, e ci prescriverebbe come e quanto fare sesso, quando e perché avere figli o non averli. Le case sarebbero tutte più o meno arredate allo stesso modo. Al cinema, ci sarebbero solo i film approvati dal regime. In radio, ascolteremmo sempre le stesse canzoni. Negli scaffali delle librerie, solo gli autori fedeli al re o al Mussolini di turno. Il regime controllerebbe tutto e le persone sarebbero costrette ad inventarsi sempre nuovi hobby o passioncine innocue per tirare avanti.

Le idee scorrerebbero sotto il profilo delle montagne.
Gli autori ricorrerebbero ai circoli segreti, circondati solo delle persone care, persone di cui fidarsi. Pochi si renderebbero conto della propria condizione, di quei pochi ancora meno proverebbero a dire o fare qualcosa, con il rischio di essere puniti in maniera esemplare o fucilati sulla piazza della propria città. E tutto il popolo lì a vederli morire lentamente per poi voltargli le spalle. E in ogni caso, qualcuno continuerebbe a resistere. A caro prezzo, ma continuerebbe a resistere.
E comunque ci sarebbe ancora qualcuno, che gli direbbe che resistere non serve assolutamente a niente. Che infondo infondo, “be’, dai, un po’ se l’è cercata!”. Ok, credo di aver divagato inutilmente. In effetti, a noi uomini liberi del 2019, questa
cosa non ci riguarda.

Noi siamo liberi di scegliere cosa ci piace e cosa no.
Noi siamo liberi di decidere che cosa fare delle nostre vite, come e per chi spenderle.
Abbiamo chiara la nostra méta, abbiamo una voce per parlare e orecchie per ascoltare solo quello che ci fa stare davvero bene, che ci rende migliori. Già, continuiamo a pensare allora che Ian Svenonius ce l’abbia con il mondo intero, e che continui pure a urlare sopra a un palco, se questo lo fa stare meglio, noi non abbiamo bisogno di lui.
Lasciamolo sfogare da solo.
Mi viene in mente una canzone dei Fine Before You Came che si intitola Come Pecore, farebbe bene a tutti ascoltarla prima di tornare ai nostri sogni più che tranquilli.

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