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di Giorgia Gabbolini

 

Che cosa ci fanno nello stesso bar, stesso tavolo, quasi ogni settimana, una donna di 75 anni e una ragazza di 26? Non è la nonna che passa un po’ di tempo con la nipote, no, Vera non ha né nipoti né figli, solo una montagna di ricordi da lasciare a qualcuno prima di morire. Ha sempre qualcosa da raccontare e lo fa solamente con la poesia che considera “ l’amica di sempre”. Quel giorno era particolarmente taciturna, avvolta nella sua pelliccia e nei suoi gioielli finti. Alla seconda bustina di zucchero versata nel caffè, prende una penna, un foglio di giornale e comincia a scrivere: “devo raccontarti di una mia amica, perché non voglio che venga dimenticata. E di come si muore di solitudine”. Di getto, Vera mi lascia questa poesia ma, in realtà, l’ha lasciata a tutti noi.

 

In quel condominio di via Cavour,
persone vanno e vengono.
Occhi curiosi si incrociano, buste della spesa cariche di sconti promozionali, bollette da pagare , stipendi da ritirare.
Ma nessuno sa che in quell’appartamento al primo piano,
un piccolo cuore si sta lentamente consumando.
“È freddo” sembra dire a sé stessa quella donna che tanti anni fa tutti gli uomini guardavano con lascivia,
“il pavimento”.
Ti ricordi donna, di quando correvi nei prati a piedi nudi, il sapore della tua pelle quando facevi l’amore, il vento tra i capelli.
Ti ricordi la tua Milano che hai lasciato per seguire le promesse vane dell’uomo della tua vita?
Ti ricordi la tua voce, che hai perso dietro il fuoco delle percosse, come una strega bruciata al rogo?
No.
Tutto è caduto nell’oblio.
Non ti ricordi quando, un giorno, quella casa è diventata il tuo mondo. Le persiane chiuse e un piccolo foro per sbirciare il mondo fuori
“solo per questa volta, poi non lo faccio più”.
Non ti ricordi quando ti sei costruita questa vita perfetta e metodica, in cui nemmeno la polvere ti ha fatto più compagnia.
L’oscurità, unica amica che nascondeva le imperfezioni di un animo annerito dal fumo dell’inferno. 
Le chiacchiere felici del mondo esterno ti facevano da sottofondo e ti cullavano durante le giornate.
Ora, in quel pavimento freddo, ti ritrovi a pensare “Chissà come mi troveranno
e chissà quando. 
Chissà se morirò con il sorriso o con la bocca spalancata dalla paura… o dalle risate 
chi lo sa. 
Chissà se l’odore si farà sentire prima o poi. Se sarà buono o se sarà simile alla carne marcia. 
Un cosa è certa, sono morta tante volte. Questa sarà solo la più bella.”
Non ti sei mai accorta donna, che fuori dalla tua porta una bambina ti ha portato un fiore. 
Non si sa come abbia indovinato, ma è il tuo preferito.
Tante volte ha percepito la tua presenza.
Infinite volte ha bussato senza toccare la tua porta.
Ma è Natale, e quel condominio è pieno di persone che corrono a cercare regali e salvare i Gesù Cristi. 
Sono troppo impegnati
e non vedono quel fiore
davanti alla porta al primo piano.

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