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Durante l’Ottocento, gli Ngoni, provenienti dal Sudafrica, si stanziarono della Tanzania sudoccidentale e crearono la nazione Hehe, la quale trascinerà i tedeschi in un conflitto di quasi 10 anni.

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Panorama su Iringa, oggi.

Iringa si erge su un costone roccioso negli altopiani meridionali della Tanzania, innalzandosi di svariate centinaia di metri dalla ‘base’ dell’altopiano, già di per sé oltre i 1000 metri. Oggi è una vivace cittadina abitata da poco più di 100mila persone, importante stazione commerciale e di transito per sull’autostrada che, dalla vecchia capitale Dar Es Salaam, conduce nel confinante Zambia, parallela alla famosa ferrovia TAZARA. Eppure, quasi un secolo e mezzo fa, questa cittadina (in realtà situata allora poco distante dal costone dove sorge la città odierna)  rappresentò un formidabile ostacolo all’espansione dell’influenza tedesca sul Tanganica, il nome che assunse successivamente la porzione continentale dell’attuale Tanzania.

A partire dalla metà dell’Ottocento giunsero nell’area dell’altopiano di Iringa popolazioni Ngoni provenienti dal Sud Africa, le quali introdussero l’organizzazione militare a base reggimentale dei loro lontani (ma non troppo ) ‘cugini’ Zulu. Il loro arrivo nell’odierna Tanzania segnerà la l’inizio di un conflitto che nel giro di pochi anni scaccerà verso Est le popolazioni Sangu che avevano occupato fino ad allora l’altopiano. Gli Ngoni diedero il via alla nazione Hehe, assorbendo elementi delle popolazioni circostanti: è curioso il fatto che oggi per Hehe si faccia riferimento alla popolazione in generale – presente soprattutto nell’attuale regione di Iringa – e che questa sia effettivamente ‘nata’ solo un secolo e mezzo fa. Al contrario di quanti, in Occidente, considerano espressioni quali ‘tribù’ o ‘popolazioni’ un classico retaggio di un’Africa sottosviluppata ed ancorata a tradizioni dure a morire, l’esempio della formazione della nazione Hehe mostra come, al contrario, molte popolazioni africane sfruttassero la questione identitaria in modo estremamente pragmatico. Nel giro di un paio di generazioni, infatti, lo stato Hehe si affermò come egemone nella Tanzania sudoccidentale, e ben presto l’etnia si sovrappose ed iniziò a coincidere con la nazionalità.

Una volta assicuratosi il dominio dell’altopiano, gli Hehe, sotto la guida del capo Munyigumbe, iniziarono una progressiva espansione verso Nord e verso Est. Spingendosi verso oriente, iniziarono ad imbattersi sempre più spesso in villaggi sui quali sventolava il vessillo del secondo Reich. L’impero tedesco stava tentando di colmare lo svantaggio in termini coloniali rispetto alle altre potenze europee, spingendosi sempre più verso l’interno dell’odierna Tanzania. La colonia chiamata Deutsch-Ostafrika era infatti circondata dalle colonie dei rivali europei, con il Congo belga a Ovest, il Mozambico portoghese a Sudest e gli Inglesi a Nord (Kenya ed Uganda) e Sudovest (Zambia), e dunque i tedeschi erano ansiosi di assicurarsi le rotte commerciali dell’entroterra. Verso la fine del secolo il conflitto tra gli Hehe – alla testa delle popolazioni che non accettavano il dominio europeo – ed i tedeschi ed i loro alleati autoctoni era inevitabile.

Durante l’estate del 1891, i tedeschi decisero di confrontarsi direttamente con gli Hehe e con Mkwawa, il loro leader, figlio di Munyigumbe. Una spedizione comandata dall’ufficiale Emil von Zelewski partì da Kilwa alla volta di Iringa: essa era composta in stragrande maggioranza da Ascari, ovvero truppe africane (in questo caso sudanesi e Zulu) comandati da ufficiali tedeschi (una dozzina), alcuni pezzi di artiglieria leggera e supportata da 170 portatori autoctoni, per un totale di poco meno di 400 uomini. Zelewski marciò sicuro della vittoria verso Iringa, conscio della sua evidente superiorità in termini di armamenti rispetto agli Hehe, il cui armamento principale erano le lance (da tiro o da combattimento ravvicinato) di origine Zulu. Ad ulteriore conferma, gli sparuti gruppi di guerrieri Hehe incrociati durante la marcia fuggivano al primo colpo di arma da fuoco sparato dalle truppe coloniali. Zelewski rinunciò persino ad inviare pattuglie in avanscoperta, e pagò caro questo errore.

Mpangire, fratello di Mkwawa, attese i tedeschi nascosto dietro un crinale nei pressi di Lugalo, a pochi chilometri da Iringa, alla testa di 3000 guerrieri. Quasi giunti alla fortezza, uno stormo di uccelli si levò in volo dal crinale dove erano nascosti gli Hehe ed uno degli ufficiali tedeschi di Zelewski ebbe l’idea provare ad abbatterne uno per avere della carne fresca. Era proprio il segnale che gli Hehe attendevano. I guerrieri oltrepassarono il crinale e piombarono sulla colonna al grido di ‘Hee Twahumite, Hee Twahumite! He, he, he, heeeee!’, traducibile come ‘Ehi, siamo qui, ehi ehi’.

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Memoriale tedesco nel luogo della battaglia.

Nella colonna di tedeschi ed ascari fu il caos quando, voltandosi, videro orde di guerrieri urlanti piombare su di loro, tirando lance e caricandoli con spade, asce ed lance da combattimento ravvicinato. Zelewski non ebbe neanche il tempo di scendere dalla sua cavalcatura, venendo trafitto nei primi istanti della battaglia. Nel giro di 15 minuti la colonna fu annientata: si salvarono solo 2 ufficiali e 15 soldati. Pochi ascari riuscirono a sparare una, massimo due cartucce. Alcuni soldati riuscirono a tenersi fuori dall’imboscata, ed aprirono il fuoco con le prime, rudimentali armi automatiche uccidendo circa 700 guerrieri. Non bastò per rimediare ad una sconfitta clamorosa delle truppe germaniche che rimase impressa nella storia dell’Impero.

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Il teschio di mkwawa, conservato nel Kalenga Historical Museum.

La reazione tedesca, ovviamente, non si fece attendere. E questa volta non osarono minimamente sottovalutare Mkwawa ed i suoi guerrieri. Due anni dopo una nuova spedizione di quasi mille uomini e con diverse mitragliatrici avanzo nel territorio Hehe, e nel 1894 Iringa venne conquistata. Mkwawa sfuggì tuttavia alla cattura, ed iniziò una guerriglia senza sosta contro le forze coloniali. Sebbene continuasse a godere del favore della popolazione Hehe, i suoi capi iniziarono a comprendere che non sarebbe stato possibile scacciare i tedeschi in maniera definitiva, e cominciarono a collaborare isolando Mkwawa. La dura repressione dei tedeschi e dei loro alleati contro la popolazione Hehe ottenne i suoi frutti alcuni anni più tardi, quando Mkwawa fu circondato e, piuttosto che cadere vivo nelle mani dei suoi nemici, si suicidò sparandosi. I tedeschi, non soddisfatti, decapitarono il corpo di Mkwawa e portarono la testa in Germania. Gli Hehe divennero da allora alleati fedeli dei tedeschi (inviando persino soldati a supporto dell’Impero per reprimere le rivolte di altre popolazioni autoctone) ma non dimenticarono mai Mkwawa: la restituzione della sua testa, infatti, fu inclusa dagli inglesi tra le clausole del trattato di Versailles, come gesto di buona volontà verso gli Hehe.

Ancora oggi, nella Tanzania indipendente, Mkwawa viene considerato un eroe nazionale da tutti i tanzaniani e, ovviamente, soprattutto dalla popolazione Hehe, capace di annientare una spedizione armata di uno dei più potenti imperi del tempo con le lance e con un urlo.

Un urlo che, peraltro, rimase ben impresso ai tedeschi, tanto che l’urlo ‘He He’ divenne il nome ‘ufficioso’ per indicare la popolazione che difese strenuamente l’altopiano. Gli Ngoni di Iringa accettarono di buon grado il nome, ed iniziarono anzi ad utilizzarlo in termini rispettosi, il rispetto di chi sconfisse i fucili con le lance.

Davide Gallucci

 

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