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L’ultima creatura del Collettivo Emergenze si chiama Edicola 518. Si tratta di un luogo sacro per i cittadini di Perugia e per i viandanti di tutto il mondo: una storica edicola chiusa da anni, sulle scalette di Sant’Ercolano che è stata restaurata e recuperata come luogo di cultura, d’incontro e progettualità comunitaria. Per la diffusione di idee, di libri e di giornali di tutto il mondo. Un piccolo chiosco nel cuore urbano come avamposto innovativo: per discutere il sistema dell’editoria, della distribuzione e dei modelli che impediscono a progetti indipendenti di mettersi in moto, di spiccare il volo e mostrare una faccia diversa nella narrazione di quello che viviamo.
Nel mondo dei monopoli editoriali 518 è solo un numero. Preceduto da tanti e seguito da altrettanti. Il numero in cui per tanto tempo un furgone ha scaricato chili di carta stampata senza identità perché qualcuno la vendesse ricavandone poco. Anche e soprattutto per questo, l’edicola ha chiuso come tante altre della città. E come tante altre di tutte le città d’Italia.
Riportarla in vita, con un’altra vita, è stato un miracolo contemporaneo e una sfida alle sentenze già scritte dell’epoca, in cui conformismo, pessimismo e resa incondizionata lastricano il pavimento sul quale scivolare inesorabilmente senza neanche tentare una resistenza. Miracolo e sfida perché un gruppo di giovani e meno giovani, a cui la società non sembra aver riservato alcuno spazio nei suoi ingranaggi, si è appropriato con regolare procedura d’acquisto dei quattro metri quadrati di un’edicola che fa parte del tessuto cittadino da tempo immemore. L’approdo ideale per dei cani randagi. Soli e arrabbiati. Pieni di parole potenti.

Quattro metri quadrati di spazio infinito. Dove si possono scovare i gioielli dell’editoria di tutto il mondo, insieme con i giornali di Emergenze: un progetto pilota, innovativo e spettacolare, in cui si sono fuse alchemicamente energie diverse, generazioni ed esperienze, ardire giovanile e saggezza millenaria. Un tempo si sarebbe chiamata sperimentazione assoluta, presa di coscienza di quanto enigmi e misteri rappresentassero per tutto il Collettivo una battaglia epocale.
Ogni progetto di Emergenze contiene tutti i precedenti e si spinge visionario su terreni sconosciuti, che possono sembrare accidentati e forse lo sono, sicuramente inesplorati per mancanza di ardire.

#NoPaura è stato l’hashtag sin dall’inizio. Nessuna paura di osare, di portare un dispositivo artistico di 4 chilometri di filo rosso, a tessere umanità e a porre domande alla comunità, annodando metro dopo metro un intero centro storico, in un’indagine territoriale lenta e potente. Scavando oltre le apparenze e ristabilendo quel potenziale artistico e culturale della sorpresa e della costruzione di ipotesi, laddove la realtà mediaticamente predeterminata ci riempie di illusioni ottiche, impendendo capacità proprie di giudizio, spegnendo le domande in risposte preconfezionate. E poi realizzando un giornale che ponesse al primo punto l’irrituale. Che narrasse in prima persona la progettualità e l’incontro, senza scadere nel retorico o nell’approssimativo editoriale. Anzi, modello per porre prepotentemente anche la questione della forma artistica e della qualità, per rivendicare nella bellezza dell’oggetto la possibilità di non percorrere una strada non segnata dalle mappe ufficiali. Un numero zero più quattro numeri da collezione, per tracciare la rotta dei primi passi del Collettivo Emergenze. Ora i giornali sono in esposizione e vendita nell’Edicola 518.

La produzione presente (e quella futura) di Emergenze è al fianco di prodotti editoriali e artistici che arrivano da tutto il mondo, scelti con cura. Alcuni introvabili. Nell’idea dell’incontro e della conoscenza: infatti ogni mercoledì sera, per tutta l’estate, Edicola 518 ha incontrato artisti, cantanti, poeti, giornalisti, scrittori, cittadini, studiosi e viaggiatori per discutere insieme di editoria, di arte, di rivoluzione, di mondo. Un festival di strada, anzi di scalette, davanti a un chiosco sacro, dove è stato esercitato il dono dell’ascolto e del dialogo.
Ogni appuntamento, ogni passaggio epocale, è stato segnato graficamente dalla serie di locandine disegnate appositamente da Giulia Cipriani.
I primi segnali ci dicono che i giovani comprano e leggono i nostri prodotti; le persone prenotano, scelgono, colgono il valore del tempo guadagnato nel discutere insieme di quello o quell’altro testo, di giornali bellissimi e sconosciuti, di un mondo ricchissimo che percorre altre strade, lontano dall’alta velocità indiscussa e senza soste.

Edicola 518 dimostra che l’editoria ha un futuro. Se si sottrae dai meccanismi che la soffocano e le impediscono di creare nuove ipotesi, nuove idee, pensieri fuori dal seminato.

La storia di Emergenze

Era d’estate. A San Mauro Cilento, perla campana a picco sul mare, avveniva un incontro fra anime diverse per storia, età e provenienza. In comune la voglia di sperimentare, di mettersi gli uni al servizio degli altri per creare un progetto che superasse gli individui, un ibrido sensazionale, una deriva controllata fra poesia e editoria. Tanti discorsi, sul senso di un giornale oggi, sulla necessità di tornare a fare cultura in modo artigianale, sulle possibilità di scoperta offerte da semplici dispositivi, i fili rossi ad esempio…
Poco dopo Antonio Brizioli, tornato a Perugia di passaggio dopo sei anni di studio e lavoro a Milano, scopre l’anima di Emergenze, di cui diventa intermediario con gli uomini, assumendo le funzioni di Sacerdote di Emergenze. Perugia al tempo era una piazza stanca e demotivata, in cui l’unica parola sulla bocca di tutti era appunto “emergenze”, sempre legata ad analisi approssimative sullo spaccio di droga, sulla violenza urbana, nel migliore dei casi sull’assenza di prospettive per i giovani.
Il Sacerdote capì come ribaltare la parola nel suo significato positivo, consentisse di riesumare i frammenti di bellezza, poesia, rivoluzione, cambiamento, polverizzati sul territorio. E non erano pochi… Cominciò col titolo “Emergenze” una rubrica sul Corriere dell’Umbria, uno dei più diffusi giornali locali, che durò per dieci articoli molto letti, molto dibattuti, molto utili alla comunità.

E-mergere significa tuffarsi al contrario, darsi una spinta per saltare fuori dall’acqua o essere smascherati dalla bassa marea.
Emergenza è una “vox media”: una di quelle parole che i latini usavano con un’accezione positiva o negativa a seconda del contesto. Ciò che emerge esce dal torpore senza permesso.
I secoli hanno cristallizzato la parola nella connotazione negativa. Noi ci spericoliamo sul versante dimenticato, oscillando fra i poli di questa contraddizione.
Emergenze è l’ambiguità della scoperta.

Con queste poche parole l’anima di Emergenze viene diffusa alla collettività e tornano d’attualità i discorsi fatti l’estate precedente a San Mauro Cilento. Gli interlocutori d’allora erano Antonio Cipriani, poi Presidente di Emergenze, Valentina Montisci, poi Ministro della Difesa di Emergenze e Kristina Borg, poi Ministro della Comunicazione di Emergenze.
Si parlava di un giornale di carta, il Presidente ne aveva fatti tanti prima di convertirsi all’informazione online, senza mai escludere però un ritorno alle origini, al piacere del contatto, purché fosse per un progetto speciale, irripetibile, mosso da esigenze nuove.
Si parlava di un filo rosso, opera di Kristina Borg che avevamo installato insieme a San Mauro Cilento, uno strumento d’inchiesta privilegiato, in grado di schiudere sensi nuovi, di rinnovare i rapporti, di propiziare incontri, di far saltare il banco.
E così a Perugia, in un favorevole clima di disordine politico, di assenza di coordinamento a livello culturale, di voglia dei cittadini di tornare ad entusiasmarsi dopo anni di umiliazioni, nasce Emergenze, proprio intorno al tanto desiderato giornale di carta.
Il 12 dicembre 2014 viene presentato il “numerozero” a Palazzo della Penna, centro della cultura contemporanea umbra, in una calca indimenticabile di partecipanti che si calpestano per prendere il proprio posto. Il clima è elettrico, il dibattito vivo, le autorità vengono trasportate in un mondo nuovo: quello in cui si ascolta prima di parlare, quello in cui si deve rispondere a domande concrete, quello in cui non basta un saluto portato da casa… Le 1.000 copie stampate si esauriscono in breve tempo tramite una distribuzione artigianale e improvvisata, fondata su una rete di solidarietà territoriale.
Il 27 febbraio 2015 il filo rosso arriva finalmente a Perugia. L’operazione “Riprendere il filo” parte di primo mattino da Porta San Pietro per attraversare da parte a parte il centro storico del capoluogo umbro. Un susseguirsi di scoperte, il risveglio improvviso di un territorio dato per morto. A Perugia per giorni non si è parlato d’altro, al punto da costringerci ad installare lungo il percorso del filo dei cartelloni con su scritto “Vietato parlare del filo rosso”.
Nel 2015 sono stati realizzati quattro numeri di giornale, stampati a cadenza trimestrale e per i quali sono stati siglati circa 320 abbonamenti in tutta Italia. Il giornale è stato presentato a Milano, Roma, Torino, Foligno e Spoleto, ovunque riscontrando ammirazione per la cura e la ricerca con cui è stato prodotto.
Nel frattempo a novembre 2015 Emergenze ha rigenerato l’ex chiesa della Misericordia, spazio espositivo abbandonato nel centro storico di Perugia, che grazie alle mostre “Emergenze Ritratte” di Walter Meregalli e “Nel segno di Emergenze” di Steve Gobesso è tornato a vivere con decine di eventi collaterali e una convivialità estrema durata per tutti i due mesi di mostra (risultato di una doppia proroga), valorizzati dall’intervento dei carabinieri nei momenti più creativi.
Oggi Emergenze ha inglobato una molteplicità di soggetti, provenienti da qualunque spaccato della società contemporanea e animati da forte spirito di rivoluzione. Emergenze è un’esperienza di spiazzamento costante, che non sembra destinata a fermarsi.

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