CONDIVIDI

Le società odierne si fondano su una chiara delimitazione dei propri confini. L’organizzazione dello spazio è fondamentale per lo stato, in quanto può esercitare incontrastato la propria autorità senza rivali.
I confini possono semplicemente segnare una semplice divisione amministrativa, oppure sono dei veri e propri spartiacque tra due mondi, che a causa di motivazioni economiche, politiche e culturali non possono altro che contrapporsi in maniera conflittuale, segnando profondamente le popolazioni che risiedono in quei luoghi.
I confini cambiano le abitudini delle popolazioni, insegnano a guardare in un altro modo le persone che si trovano dall’altra parte di esso, oltre a ciò costituiscono una fonte inesauribile di discriminazione nei confronti dei più deboli o semplicemente verso quelli ritenuti poco produttivi.

Se all’interno dell’Unione Europea i confini sono divenuti sempre più labili tra i vari stati, nel resto del mondo si sono moltiplicati e sono diventati sempre più difficili da varcare. Questo libro narra la storia di Shahram Khosravi, un iraniano che è riuscito a “oltrepassare” le frontiere più pericolose del globo, mettendo in discussione uno dei capisaldi dello stato-nazione: l’inviolabilità dei confini.
La peculiarità di questo scritto risiede nel fatto che per metà è autobiografico, e per l’altra è un saggio pubblicato nella rivista «Social Anthropology». I due stili si intrecciano alla perfezione, e hanno garantito all’autore la possibilità di poter sviluppare ragionamenti complessi sulla funzione sociopolitica delle frontiere. Oltre a ciò queste riflessioni vengono arricchite sia con il racconto delle proprie esperienze, sia con le testimonianze di altri che hanno compiuto lo sciagurato viaggio verso la salvezza.
Con questa formula il libro è estremamente scorrevole nella lettura, e genera al lettore una enorme curiosità poiché il viaggio intrapreso da Shahram è stato pieno di insidie e colpi di scena. Un altro grande merito dell’autore è stato quello di aver avuto una lucidità nel raccontare i contesti politici ed economici dei paesi che ha attraversato nei mesi del viaggio.

In linea con l’autore, anziché utilizzare il termine migrante o profugo useremo la parola viaggiatore allo scopo di contestare l’odiosa dicotomia imposta dall’attuale assetto che distingue i viaggiatori qualificati (come ad esempio i turisti e “avventurieri”) e i “non qualificati” (profughi, migranti ecc. ecc.).
Il viaggio di Shahram inizia nel lontano 1986, anno in cui ricevette da parte delle autorità militari la convocazione agli uffici per avviare le procedure di arruolamento presso i reparti. In quegli anni l’Iran, divenuta Repubblica Islamica soltanto sette anni prima, stava affrontando una sanguinosa guerra contro l’Iraq di Saddam al tempo sostenuta dalle potenze occidentali.
Da questo punto in avanti, inizierà il lungo cammino di Shahram verso un luogo diverso. Dalla sua città di origine si dirigerà verso l’Afghanistan, anch’esso devastato da un sanguinoso conflitto con l’Unione Sovietica. La precaria situazione costringerà il giovane a “violare” i confini del Pakistan, India e infine della Svezia, dove è stato internato in un campo di detenzione nella porzione nord del paese.

Il viaggio ha spinto Shahram a compiere una serie di riflessioni sul concetto di confine e in seconda battuta sull’architettura dello stato-nazione nel suo complesso.
Secondo lo schema preordinato, il confine viene visto come un ordine naturale, e perciò il superamento e/o la violazione di esso corrisponde ad una vera e propria “patologia”. Difatti coloro che violano le frontiere, sono considerati diversi e pericolosi perché spezzano il legame tra uomo nativo e nazionalità, e ciò mette in discussione la sovranità dello stato, in quanto sono presenti nel territorio dei “non cittadini”.

Shahram osserva che mediante il processo di criminalizzazione dei clandestini, il governo si “autogiustifica sostenendo la necessità di proteggere i cittadini dalla minaccia dei non cittadini”. Così, nelle società odierne da una parte ci sono esseri umani politicizzati, i quali dispongono di tutti i diritti e doveri previsti dalle costituzioni, e dall’altra dei “sottoprodotti” politicamente non identificabili e privi di diritti e protezioni. La seconda categoria è vista dai membri delle società come “pericolosa”.

Shahram inoltre evidenzia la pericolosità dei confini stessi, in quanto sono luoghi in cui si sviluppano molteplici soprusi e ingiustizie. In questi luoghi, lo stupro è una prassi sistematica, è un prezzo da pagare per poter andare al di là della frontiera.
Inoltre, i funzionari delle dogane di molti stati, trasgrediscono costantemente le norme giuridiche e morali, lasciandosi corrompere dai trafficanti di esseri umani da un lato e dall’altro chiedendo prezzi esageratamente alti per il passaggio agli altri viaggiatori. Le “guardie” del confine agiscono in un quadro di potere assoluto nei confronti degli sventurati che tentano di oltrepassare la frontiera, perciò in molte occasioni essi vengono derubati e ricattati fino all’inverosimile.

I confini spezzano i legami tra le popolazioni di una stessa etnia. Basti pensare alle etnie del deserto, ai curdi, ai beluci che vivono tra Iran e Afghanistan. Il confine per queste persone spezza i legami di tipo familiare, commerciale e sociale. Inoltre, gli stati guardano con diffidenza le etnie di frontiera, in quanto possono costituire un pericolo per la sicurezza “nazionale”.

Il libro si chiude con una ulteriore distinzione del concetto di confine: da una parte ci sono i confini visibili consistenti in muri, i quali a loro volta prima o poi sono destinati a cadere. Dall’altra l’autore sostiene che esiste un altro tipo di confine invisibile proveniente dalle menti delle persone. Questo tipo di confine viene vissuto da coloro che sono riusciti a oltrepassare le frontiere, ma al tempo stesso non si sono del tutto integrate nella nuova società. Questo tipo di marginalità produce ancora più sofferenza, in quanto “la società riduce l’individuo all’invisibilità, ma al tempo stesso ne osserva ogni sua mossa.

Per oltrepassare il confine invisibile ci vuole molto tempo e l’autore lo ha vissuto in prima persona queste tremende sensazioni. In conclusione, il libro è un ottimo strumento per comprendere uno dei fenomeni più complessi della nostra epoca.

Lascia un commento

La tua mail non verrà pubblicata, * campi obbligatori