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di Francesco Merlino

Quando si decapita un uomo la testa ha un paio di secondi di autonomia per rendersi conto di esser stata divelta dal corpo.
Jeanne Hébuterne aveva un collo tanto lungo e fino che sembrava bastasse un movimento azzardato per estirparle i pensieri dal cuore. Aveva gli occhi blu come il mare e i capelli castani e lunghissimi, che facevano da cornice ad un viso che era un ovale perfetto. Il suo aspetto le valse il soprannome grazioso di noix de coco (noce di cocco), con cui era conosciuta da tutti gli artisti di Montparnasse, per i quali faceva da modella.

Ciò che la rendeva davvero unica, però, non era la bellezza, condivisa con tante altre a Parigi, ma il suo cuore, capace di battere più forte di qualsiasi altro. Iniziò a farlo un pomeriggio del 1917 all’Academie Colarossi, dove si era iscritta per assecondare velleità artistiche che era un reato non avere nella Parigi di inizio secolo. Iniziò a farlo per un italiano ubriacone, pittore squattrinato ed ebreo, che il padre di lei, fervente cattolico ed ex ebreo convertito, non fece in tempo a guardare in faccia che già l’aveva ripudiato, proprio come il suo passato.

Jeanne si innamorò di Modigliani. Lei aveva diciannove anni, lui trentatré.

È inutile dire che innamorarsi non era cosa consigliabile per un cuore che sapeva battere così maledettamente veloce, senza poi sapersi fermare. Ma tanto era l’impeto del suo amore da non dar modo alla sua mente di essere razionale.
Eppure Jeanne sapeva che gli artisti sono capricciosi come i bambini, in fondo anche lei aveva provato ad esserlo, e che vogliono tutto, non curandosi di dove e di quanto dolore provochino.
Gli artisti hanno bisogno di vita e ogni gabbia diventa solo un pretesto per fuggire.
E Modigliani fuggiva spesso e bene, sempre in cerca di vita ulteriore, mentre Jeanne lo inseguiva, senza dar tempo ai pensieri di farle capire che amare la stava uccidendo.
Per lui avrebbe fatto di tutto, anche smettere di dipingere, anche accettare di ritrovarlo ubriaco nei bordelli a tarda notte, nascosto tra i fumi dell’oppio, o non vederlo affatto per giorni interi. I suoi occhi neri nel guardarlo riconoscevano la vita stessa, i suoi lunghi capelli non esitavano ad assecondarlo e spogliarle il collo, raccogliendosi in ardite acconciature prima d’allora mai provate. Quel collo così sottile, che Modigliani esasperava in dipinti di cui Jeanne era diventata l’esclusiva, come se si fosse allungato e assottigliato ulteriormente in un tentativo invano della mente di fuggire dal cuore.
Avrebbe accettato anche di andar via da Parigi, perché l’aria densa di quella città ed il suo piacevole richiamo all’inferno lo stavano uccidendo, lui che faceva i conti da anni con una tubercolosi che, come lui stesso diceva, provava a curare solo non prendendo sul serio.
A quello pensava Jeanne, che si imponeva il compito di dover preservare la vita di un uomo che era troppo occupato a vivere quella di Parigi, non badando alla propria.
Così si trasferiscono a Nizza, dove l’aria è più pulita e non c’è nulla che lo distragga da lei.
Ma non si può scappare al richiamo dell’inferno quando si porta nel cuore.
Così la tranquilla Nizza, che poteva essere la loro salvezza, si trasformò in una nuova gabbia da cui scappare. L’artista torna a Parigi, allontanandosi e avvicinandosi alla vita, proprio come Jeanne, che, amandolo, viveva e moriva all’unisono.
Ma anche Parigi può ucciderti se la ami troppo.
Così finì per Modigliani, ucciso all’improvviso in un letto di ospedale, il 24 gennaio del 1920, a trentasei anni miracolosamente raggiunti. Intorno a lui c’erano il suo mercante, Leopold Zborowski, un paio di amici ubriachi e Jeanne. “Morte lo colse quando giunse alla gloria”, recita il suo epitaffio.
Quando Modigliani morì, la mente di Jeanne Hébuterne ebbe qualche istante di autonomia per rendersi conto di essersi definitivamente staccata dal cuore, come aveva più volte tentato di fare. Perché per noix de coco amare era sempre stato un ossimoro continuo tra la vita e la morte. Dunque dovette morire, per continuare a vivere.
Lo raggiunse il giorno successivo, gettandosi dalla finestra del quinto piano dell’appartamento paterno, al nono mese della sua seconda gravidanza. Aveva ventidue anni.
Anche questa volta non lo lasciò scappare, “compagna devota fino all’estremo sacrifizio”.

Perché, tra i mille modi che ci sono per morire, Jeanne scelse Modì.

Oggi Jeanne Hébuterne e Amedeo Modigliani dormono insieme, sotto lo stesso tetto di marmo, nel cimitero di Pére Lachaise, in quella Parigi che finì per ultimare il suo richiamo. Lui ha finalmente smesso di fuggire, lei ha finalmente smesso di morire.

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