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I massacri compiuti in nome di Dio nella storia hanno sempre mascherato più o meno oscure ragioni politiche.

Parigi, Louvre,  Consiglio del Re, 22 agosto 1572

enrico di guisa
Enrico, duca di Guisa.

Pareva che la seduta del consiglio del Re non finisse mai. Dalla notte precedente si stava discutendo se intervenire o meno a favore dei ribelli olandesi che erano insorti contro il Filippo II, cattolicissimo Re di Spagna. All’interno del consiglio, vi erano due “partiti”, i quali ricalcavano grossomodo le fratture esistenti nel Paese. Il primo schieramento era capeggiato dal Duca di Guisa e rappresentava la corrente cattolica rinvigorita dopo la vittoria conseguita a Lepanto l’anno precedente. Dal punto di vista internazionale, essi promuovevano la creazione di un asse franco-spagnolo-pontificio al fine di contenere le potenze tedesche e anglosassoni. Inoltre puntavano al ripristino dell’ordine politico e morale che si respirava nell’epoca immediatamente precedente alla riforma protestante. Il secondo partito era rappresentato dalla corrente ugonotta o calvinista capeggiata dall’ammiraglio Gaspard de Coligny. Egli aveva compreso a pieno la necessità di porre fine al conflitto religioso che divideva la Francia e la rendeva debole agli occhi dei nemici.

La seduta del consiglio era particolarmente affollata. Ai tempi di Francesco I il consiglio era composto da massimo sei persone, mentre in quel momento storico le sedute arrivarono ad ospitare fino a cento individui. Per tutta la notte, avevano partecipato al dibattito militari, vescovi, nobili, ognuno esprimendo in maniera chiara la propria opinione circa l’intervento in guerra. Alle prime luci dell’alba, mancavano all’appello solo gli interventi dei cosiddetti capi partito, dopo i quali il re avrebbe dovuto scegliere l’alternativa che considerava più convincente. La parola venne data al duca, il quale espose con estrema lucidità tutti i successi derivanti dall’azione congiunta dei cattolici contro gli infedeli di ogni razza. Rievocò la battaglia di Lepanto, e le vittorie che stavano ottenendo gli Asburgo nella Germania meridionale. Per il duca non era necessario entrare in guerra contro gli spagnoli, poiché poteva compromettere in maniera irreversibile i rapporti diplomatici ricuciti con tanta cura da sua maestà Caterina de Medici, la madre del Re. Il suo discorso, si concluse con la triste rievocazione della cattura di Francesco I da parte di Carlo V; ciò rappresentava ancora una ferita aperta per tutti le persone che si immedesimavano nella monarchia francese. Per questo molti restarono profondamente turbati da quelle parole.

coligny
L’ammiraglio Gaspard de Coligny.

Dopo qualche istante prese parola l’ammiraglio. Espose con fermezza l’esigenza di sostenere i ribelli delle Fiandre, al fine di rompere l’accerchiamento territoriale spagnolo: «se si allenta la pressione degli spagnoli a nord-est e si stabilisse un’alleanza perpetua con l’Inghilterra, la quale si sta mobilitando contro la Spagna, la Francia potrà riacquistare l’antico prestigio. Questo è il momento più adatto! La Germania continua ad essere dilaniata dai conflitti interni, i popoli italici sono in crisi a causa della repressione dei papisti. Solo una guerra con un avversario temibile come la Spagna potrà unire il nostro glorioso Paese!» Durante il discorso, Carlo IX era parso molto interessato alle parole dell’ammiraglio, le riteneva convincenti. La seduta si concluse così con l’ordine del Re di preparare le truppe in vista del probabile intervento armato. La fazione cattolica, assieme alla madre del Re, Caterina de Medici, uscì dalla sala infuriata. In quei anni, la monarchia doveva assolvere l’arduo compito di conciliare le due anime religiose in perenne conflitto tra di loro. Un punto di raccordo, mano a mano che il tempo passava, diveniva sempre più difficile anche a causa dell’assommarsi di una serie di rancori personali tra le famiglie più importanti.

Al termine della seduta, l’ammiraglio venne ferito gravemente da un sicario, probabilmente mandato da Caterina e dal Duca. Il Re, appena apparsa la notizia, garantì ai capi protestanti che sarebbe stata fatta chiarezza. Ma ciò non bastò a placare gli animi. Ormai la pace era compromessa in maniera irreversibile. La città era piombata nel terrore. La guerra dei mondi era iniziata. La monarchia si sentì sotto scacco: da una parte le bande armate cattoliche, dall’altra i protestanti rabbiosi pronti a trascinare la città nel caos. La notte seguente, la città era deserta, ad un certo punto le campane della chiesa di Saint-Germain suonarono incessantemente a martello. Era il segnale! Nelle strade si riversarono centinaia di persone con i cappelli marchiati da una croce bianca e attaccarono tutte le case degli ugonotti. La modalità di uccisione fu analoga in tutte le zone della città, come se i carnefici si fossero esercitati da anni. Veniva fatta irruzione all’interno della casa, e per prima cosa si sfregiavano e defenestravano tutti i maschi, poi venivano stuprate e ammazzate le donne e infine fracassavano la testa ai bambini innocenti.

All’ammiraglio Coligny toccò la stessa sorte nonostante fosse immobile nel suo letto. Gli venne squarciato il viso e fu gettato dalla finestra, così andò mischiandosi assieme agli altri cadaveri che si riversarono nelle strade. Solo quella notte, il numero delle vittime stimato era stimato intorno alle 4000 unità. Il 26 agosto, il re andò in un parlamento (decimato) e rivendicò la responsabilità del massacro, ma ciò non bastò a fermare la strage che si propagò a macchia d’olio per tutta la Francia. Alla fine del mese di settembre le vittime erano ormai 10000.

Ancora non sono chiare le effettive responsabilità della monarchia. La storiografia classica tende ad attribuire responsabilità alla madre del re, ma non tutti gli storici concordano su questo punto. Alla fine dei conti, lo sventurato ammiraglio aveva colto in pieno quale doveva essere il ruolo della Francia all’interno nello scacchiere internazionale. Difatti nei decenni successivi la Francia sfidò a più riprese la Spagna condannandola ad un lento ed inesorabile declino. La questione religiosa fu risolta nel 1598, quando venne redatto l’editto di Nantes, che prevedeva il riconoscimento del calvinismo in Francia. Da quel momento in poi la monarchia si pose al di sopra dei conflitti religiosi favorendo il processo di costruzione dello stato nazione che si ultimerà nei secoli successivi.

Alessandro Latterini

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