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di Antonio Cipriani

 

“Bella Ilaria, la pura, la dura, la tenace, la perla rara che non si arrende. Questo mi piace di te e della tua arte. Che importa se scopiazzando format stranieri, imitando a pappagallo avanguardie altrui, diventando anello della catena di un’arte che è solo marketing arriva il successo. Che importa se tu fai poesia e vuoi fare poesia.

Mica conteranno per te (e per chi fa arte) i giudizi di politici e di portaborse, di rottami del genere intellettuale pronti ad adeguare la lettura del senso al vantaggio di un sistema che si basa su questa perversione. Che fa comunicazione e marketing per nascondere il senso, la bellezza, la ribellione, l’arte. Che trasmette informazioni senza pensiero, che priva ogni rivolta della scintilla e della domanda. Non parlo solo della necessità artistica. Parlo della vita e dell’eresia necessaria che servirebbe per viverla, per rivoltarla e costruire futuro.

L’unica speranza è che ci siano Ilaria Drago e chi non si arrende neanche di fronte all’evidenza. Perché è nell’evidenza che si nasconde l’equivoco”.

 

Le ho scritto questa lettera quando i perbenisti della cultura clonata, in doppiopetto o giacchetta moscia di vellutino a coste, le volevano spiegare come va il mondo. Come doveva far poesia, come doveva far teatro, con chi, con quali scalate, quali ossequi. Critici, docenti universitari, organizzatori indivanati con politici ignari. Piccoli potentati del niente, che se fossero giudicati in base alla devastazione e al mercimonio della cultura dovrebbero sparire per sempre dalla nostra vista. Invece ancora parlano, giudicano, creano le condizioni perché mediocrità e sciatteria possano procedere sulla corsia privilegiata. Fanno sistema, il sistema dei brutti che imbruttiscono. E Ilaria li spiazza e li innervosisce con la sua eresia. Con il suo dimostrare esattamente a tutti costoro, ciechi per la troppa aderenza alla realtà, che cosa vuol dire l’arte.

“Noi abitiamo poeticamente? Probabilmente noi abitiamo in modo completamente impoetico. Questo vuol dire forse che la parola del poeta viene smentita e diventa non vera? No. La verità della sua parola è confermata nel modo più inquietante. Giacché un abitare può essere impoetico solo perché l’abitare, nella sua essenza, è poetico. Per essere cieco, un uomo deve rimanere qualcuno che secondo la sua essenza, normalmente, ci vede”. Una pagina di Heidegger, parlando di Hölderlin.

Io sto con Ilaria: il poetare edifica l’essenza dell’abitare. Ed è fondamentale difendere questo spazio, questo prendere la misura, anche se fuori tutto sembra dirti quanto sia inutile. Invece no. Re-cordare e re-volvere: portare al cuore (amicizia, dono) e volgersi per guardare ancora, in modo diverso: rivoluzionare. Testimoniando una possibilità e un sogno. Una speranza che ci aiuti a modellare un pensiero creativo futuro, a costruire un abitare diverso.

Ciò impone una riflessione e una scelta.

Ilaria Drago, intanto ha scelto di stare al nostro fianco. Nell’ex chiesa di Santa Maria della Misericordia, per testimoniare la sua vicinanza al Progetto di Emergenze, a chi vìola le regole per costruire un modo migliore, per chi non si arrende al torpore della consuetudine e al sistema che fa sistema dell’arte ed esclude chi è fuori. In genere gli artisti. Sarà con noi, e questo conta.

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