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di Teresa Agostini

I Malavoglia sono un grande classico della letteratura italiana, scritto da Giovanni Verga e pubblicato nel 1881, nazionalmente stra-conosciuto perché ciascuno di noi è stato costretto almeno una volta nella vita a leggerlo alle scuole dell’obbligo. Ciò che però non spiegano mai a scuola è perché fanno leggere determinati classici ai giovani; ciò di cui vorrei parlavi oggi, infatti, è proprio cosa ha da insegnarci un romanzo come i Malavoglia a livello pragmatico poiché personalmente è uno dei libri che mi ha fatto più incazzare nel corso dei miei studi ma anche quello che mi ha dato di più.

Partiamo dal principio: i Malavoglia – che se fossero stati ambientati nel 2015 si sarebbero chiamati i Mainagioia – sono un’umile famigliola proveniente da Aci Trezza, un paesello siciliano che probabilmente pure Dio si era scordato di aver creato prima di Giovanni Verga. Dunque, il romanzo inizia dicendo che questa povera famiglia non c’ha un soldo manco per fa piange un cieco, come direbbe mia nonna, pertanto decide che è arrivato il momento di cambiare le proprie sorti e mettersi nel mondo del business proprio come uno dei concorrenti di “The Apprentice” con Flavio Briatore. Da qui parte il primo vero grande insegnamento: i poveri Malavoglia decidono di cambiare le loro condizioni economiche investendo tutto in una partita di lupini; ora, metà di voi manco sanno che sono i lupini ed è proprio questo che vi fa già capire che l’impresa dei nostri amici eroi è fallimentare sul nascere. Diciamo che i Malavoglia compiono il grande errore di chi soffre di astinenza per qualcosa, si lasciano abbindolare dalla speranza e da un’altra grave pecca dell’umanità: l’accontentarsi. È un po’ come quando non appagate un vostro desiderio sessuale da tanto tempo, poi arriva una che ci prova spudoratamente con voi ed è una racchia clamorosa ma voi decidete che non è più il caso di aspettare e applicate la regola del “una botta si dà anche a un pesco” e quindi ve la portate a letto ma subito dopo vi pentite amaramente; esattamente come voi la nostra tenera famigliola siciliana decide di “dare quella botta al pesco”. Peccato che subito dopo il pesco gli cada addosso e li schiacci.

Altro grande insegnamento che si può trarre dall’esperienza Malavogliana è imparare a cogliere i segnali che l’Universo ci manda, cosa che nel romanzo invece non fanno mai mai mai. Prendendo come esempio proprio l’affare dei lupini, il povero Padron ‘Ntoni – il capofamiglia – decide di mandare il figlio Bastianazzo a recuperare il carico di baccelli gialli. Partendo dal presupposto che io a uno che si chiama Bastianazzo non affiderei manco uno dei miei capelli rotti con doppie punte, il mezzo con cui egli doveva affrontare il viaggio era una barca chiamata Provvidenza che aveva il fondo costituito da legno marcio, in aggiunta il giorno del salpo si scatena una tempesta clamorosa e giustamente voi direte: “mo questi rinunciano a tutto perché è ovvio che non andrà bene” e invece no. I Malavoglia sono come quei protagonisti stupidi dei film horror a cui tutti noi urliamo: “cretino, scappa non entrare in quella porta” e loro invece fanno sempre l’opposto trovandosi a crepare 10 minuti dopo. Il grande problema dei Malavoglia – che è un po’ quello di tutti noi – è la testardaggine, il non volersi rendere conto della realtà delle cose o meglio, non guardare al quadro generale ma allo stesso tempo non prendersi mai la colpa di quello che accade, anzi nascondendosi dietro un grande dito chiamato “pessimismo”. E quindi eccolo, Padron ‘Ntoni ripetere che la vita è una merda e che va tutto una merda, ma mai una volta che dicesse: “ammazza quanto so stato stronzo ad avere investito tutto su un carico di lupini per giunta avariati”. È un po’ come quando un ragazzo appena laureato si lamenta perché non trova lavoro nonostante mandi tanti CV e il problema è solo che lui risponde a tutti annunci per posizioni senior e super esperienziate.

La vita non è tutta una merda come vogliono farvi credere i “Mainagioia”, certe volte la colpa è solo nostra che guardiamo le cose da una prospettiva sbagliata, che ignoriamo i segnali che il mondo intorno a noi ci sta inviando e che ci accontentiamo di situazioni improbabili solo perché abbiamo la fretta di fare tutto e subito. Imparate dai classici e soprattutto evitate sempre i lupini.

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