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Pubblichiamo in questo spazio due testi sulla fotografia di un artista ferrarese di nome Marco Caselli Nirmal. Il titolo è tratto dal testo di Antonio Cipriani che mette in questione la vicinanza poetica tra questo fotografo e l’esperienza di Emergenze e di Edicola 518. Mai figli del buon senso, mai con le natiche poggiate al caldo dove tutti si aspettano che siano poggiate le natiche di un artista – per così dire – addomesticato. Questo ragazzo senza tempo ha uno sguardo selvaggio e delicato, da tenero barbaro come piace a noi. Poi ha segnato anche un pezzo importante della storia di questo Collettivo, ritraendo dall’inizio alla fine il matrimonio sacro, dal Palazzo Reale alla fabbrica nella Rimaflow ex occupata e poi recuperata all’esistenza dagli operai, attraverso i gesti del Sacerdote, officiante, e quelli del presidente e del ministro della Difesa, sposi. In attesa di averlo ancora in un ruggente momento della storia del Collettivo, qui i due testi ne illustrano le beatitudini e parlano della mostra che a Ferrara, nella Galleria Cloister, sarà aperta fino al 31 luglio. Ferrara vale una visita, anche per le foto di Marco.

di Antonio Cipriani
Le fotografie di Marco Caselli Nirmal emozionano. Quando le guardo è come se il mondo mi abbracciasse, con una dolcezza estrema, con la delicatezza totale e fuori dal tempo. Sensibili alle arti. Tutto acquista una luce, io rincorro nelle sue memorie fotografiche le note più antiche e perdute, le esperienze e i sudori, la contemporaneità assoluta del gesto che crea teatro, danza, ricordi di parole, mondi lontani che si compongono tra foto in bianco e nero e narrazioni. O di silenzi.
Marco, come fotografo, scalfisce la mia corteccia umana. Mi fa innamorare ogni volta. Attraverso i visi, i gesti, la poetica di un orizzonte. Profondità di sguardo mai banali, mai utili a creare assuefazione e applauso. Che ogni volta ti sorprende, sia quando riprende i bimbi a bocca spalancata del Giambellino, che quando ti riporta sui passi di Pina Bausch o insegue sposi in una fabbrica.
Sì lo so, Marco è famoso. Lo conoscono tutti per le sue opere su Claudio Abbado, per la profondità e accuratezza con la quale ha seguito il maestro. Riconosco la meraviglia di questa sua esperienza. Ma per me lui è il fotografo che cammina con cento macchine al collo e il cappellino in testa, che vaga con lo sguardo e sembra assente nel momento stesso in cui tutti sembrano assolutamente certi di ogni passo. Poi dopo, ascoltandone le parole soavi, o guardando la sua opera, ti rendi conto che quel mezzo passo garbato di sottrazione gli consentiva di vedere quello che altri non vedono. Non vedono perché troppo spavaldi su se stessi che neanche possono immaginare che cosa si celi obliquo davanti agli occhi di ognuno.
Naturalmente stravedo per l’opera di Marco Caselli Nirmal e non faccio niente per celarlo. Perché dovrei? Amo le sue foto e amo l’uomo che le realizza. Per esempio questo suo virgolettato, parlando di Abbado e della mostra. “Ferrara ricorda in questi giorni i trent’anni dalla scomparsa di Paolo Natali, operatore teatrale, ma soprattutto appassionato sostenitore del valore formativo della didattica musicale. Essergli stato a fianco quando per le prime volte portava la musica nelle scuole, è stata per me un’occasione preziosa. Forse, senza quelle lontane esperienze, non avrei saputo cogliere così in profondità il rapporto di Abbado con i giovani musicisti, né la qualità di chi oggi prosegue il lavoro da lui avviato”.
Questo è Marco, non solo le sue opere in esposizione. E siccome la cura e l’amicizia hanno per me un valore, penso sia giusto citare un testo di Isabella Bordoni, tratto da “Custodire la bellezza”, per uno studio critico sull’archivio fotografico di Marco Caselli Nirmal.
“La ricerca e la pratica oramai quarantennali di Marco Caselli Nirmal nell’ambito della fotografia di teatro, danza, musica classica e contemporanea, sono un vero e proprio patrimonio culturale e generativo. Sono la tessitura capace non tanto o non solo di testimoniare con l’evento fotografico la storia contemporanea di queste arti, quanto di affiancarsi ad esse e sviluppare una propria estetica espressiva. Attraverso processi di sguardo e di ascolto, Marco sa con rigore e umiltà, con istintività e disciplina, consegnare allo scatto fotografico la possibilità di trasformare la testimonianza in atto creativo, in vera e propria esperienza della visione. Il lavoro prodotto in questo arco di tempo si può configurare allora come un grande patrimonio collettivo, che si staglia nel panorama italiano ed europeo per l’eccellenza tecnica e per la dedizione nel testimoniare il mondo attraverso una instancabile costruzione estetica. Si tratta di un patrimonio artistico oggi storicizzabile, analogico dal 1977 al 2000 e digitale dal 2000. Un patrimonio di oltre 900.000 scatti la cui ricaduta sul presente è in grado di tessere rapporti tra il tempo e lo spazio dell’accadimento, tra memoria e attualità, tra azione e emozione, tra la riflessività e la corporeità del vedere. La fotografia di Marco Caselli Nirmal s’imprime sull’evento appoggiandosi su paradigmi poetici capaci di mettere al mondo un mondo, con il garbo di chi presta il proprio sguardo ad uno scambio affettivo tra il sapere tecnico del fotografo, la padronanza dell’artigiano, la sensibilità dell’artista, e il soggetto fotografato, nell’ostinata alternanza tra presenza e sparizione”.

Chi volesse godersi la fotografia di Marco Caselli Nirmal, sappia che “Atelier” si potrà visitare fino al 31 luglio 2016presso la Galleria Cloister a Ferrara.

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