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Una parola può essere una finestra su molti mondi. Quella che dà il titolo al magazine di cui ci apprestiamo a parlare è uno strumento decisamente evocativo. Il suo primo significato è “pelle”. Il tramite con il mondo del cinema sono le figure che venivano incise sulla pelle nel teatro delle ombre e le cui sagome (dette appunto Nang) prendevano parte a quella rudimentale forma di intrattenimento. Nang è, oggi, la parola comunemente utilizzata in Thailandia per riferirsi al cinema e a ogni forma di spettacolo che tiri in ballo la luce e uno schermo.

L’oggetto della narrazione è il cinema asiatico, un mondo immenso e variegato, fatto di produzioni di portata affine a quelle hollywoodiane e di nicchie indipendenti che trovano il proprio baricentro nell’aspetto autoriale.

Ogni numero ospita due curatori esterni, ma l’editor vero e proprio nonché ideatore del progetto è italiano: si chiama Davide Cazzaro e ha iniziato la sua attività nel mondo del cinema da Venezia, come critico e ricercatore, focalizzando da subito le sue attenzioni sul cinema orientale, in particolare su quello coreano. Oggi vive appunto a Seoul, luogo da cui due volte all’anno vede la luce un nuovo numero di Nang.

Dieci uscite: un viaggio che segna il proprio termine al momento stesso della nascita. Numeri monografici: ciascuno indaga un tema strettamente connesso con il fare cinema o, in generale, con l’esercitare una professione creativa. Da un paio di mesi si è giunti al giro di boa, il quinto numero dedicato al tema dell’ispirazione. L’ispirazione è, in realtà, il tema centrale della rivista sin dal primo numero. Ciascuna uscita è intrisa di passioni, delle visioni che si celano dietro al fare cinema, dei sogni che muovono una carriera nell’industria dello spettacolo.

Il focus del magazine è, sin dal primo numero, il dialogo con gli addetti ai lavori, che ci svelano i retroscena della loro attività ma, al di là dell’ aspetto voyeuristico, condividono i bisogni più intimi che li hanno spinti ad affezionarsi ad un progetto. Colmare lo spazio che divide un’idea dalla sua piena realizzazione, si sa, è tutto meno che un processo ideale. Nang parla proprio del motivo per cui alcune persone fanno di una propria visione una questione di vita o di morte. In alcuni casi la cosa è letterale: il tema della seconda uscita è proprio la morte o comunque le estenuanti sfide fisiche che per alcuni cineasti un’impresa cinematografica ha costituito. Per un giovane che voglia affacciarsi al mondo del cinema, per un cinefilo, per un appassionato di cinema orientale, o per un addetto ai lavori, NANG è la fonte di un materiale inestimabile. Un’interminabile sorgente di autori da scoprire e film da vedere. Una prospettiva fresca e complessa sulle difficoltà di uno dei mestieri più belli e difficili che esistano. Una riflessione trasversale sull’atto creativo, dalla genesi dell’idea alle infinite mutazioni che essa subisce in fase di realizzazione. Un pregiato oggetto di carta che ci spiega come dall’altra parte del mondo il cinema non sia governato da leggi dialettiche e analitiche ma ruoti intorno ad aspetti lirici e poetici (come diceva Hou-Hsiao-hsien nell’intervista dell’89 riportata nel numero 5 del magazine).

Insomma NANG MAGAZINE rientra in quella piccola schiera di riviste (vi garantisco che negli ultimi anni me ne sono passate parecchie per le mani) che uniscono un design pregevole a contenuti di altissimo livello. Solo per questo meriterebbe d’essere acquistato, se poi siete anche disposti a sognare, non mi viene in mente nessun motivo per non avventurarsi in questa collezione.

Per sfogliare e acquistare Nang: 

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