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dal Cairo
Sara Datturi

Donne che sognano, amano, si intricano in mille sfere di colori, emozioni e girotondi di responsabilità, in costantemente in bilico tra la volontà di seguire il cuore e la sfera razionale di variabili innate e apprese.
Nero, labbra secche, sudore che scende, bambine troppo strette, mani appicciate, rumore di passi intermittente.

In Egitto come in troppi paesi del mondo la condizione femminile non è facile, l’accesso all’istruzione, diritti basici come l’accesso ad una nutrizione adeguata o ad un’acqua pulita, a servizi igienici è minore rispetto ai compagni maschi. Dati alla mano, secondo le ultime stime delle Agenzie delle Nazioni Unite, le bambine e le donne in Egitto hanno accesso per il 30% in meno di uomini e bambini a servizi essenziali e sono dirette vittime della violenza di genere. La violenza di genere e la violenza contro le donne e i minori sono problematiche costanti in Egitto.
Secondo le indagini sulla salute femminile promosse dall’istituto demografico egiziano, nel 2015 tre donne sposate su dieci di età compresa tra i 15 e i 49 anni hanno subito violenza domestica, 25% delle quali ha subito violenza fisica. Secondo l’indagine, inoltre, nel 2015 9 donne su 10 di età compresa tra i 15 e i 49 anni sono state sottoposte a mutilazioni genitali. Nell’agosto 2015, il Ministro della Popolazione egiziano ha espresso grande preoccupazione per l’aumento dei matrimoni tra minorenni (attualmente sono il 15% del totale). In particolare, secondo uno studio pubblicato dal consiglio nazionale delle donne, nel 2013 il 22% delle adolescenti si è sposato prima del diciottesimo compleanno. Uno studio realizzato dall’Università Americana al Cairo nel 2014 in collaborazione con la fondazione Ford ha inoltre evidenziato che il 27% delle donne minorenni sposate è stato vittima di abusi fisici da parte del partner.
Non possiamo, non dobbiamo avere paura di sentirci, di vivere il mondo interiore che è al nostro interno, la responsabilità che abbiamo è nel riconoscere il valore che abbiamo in quanto cittadine del nostro mondo, attrici attive di noi stesse, consapevoli che queste schegge d’amore, passione, desiderio, paura, rabbia, genuina voglia di rischiare, tenerezza e sensibilità sono sfere umane da gridare al mondo.
La fierezza delle nostre nonne, madri, matriarche Egiziane, Colombiane o Indonesiane è con noi.
Le donne che vedo ogni giorno camminare per le strade di questa Cairo impazzita e dolce sono un puzzle di sofferenza, dedizione, spensieratezza, sudore, imbrigliate in doveri neanche scelti da loro, inconsapevoli del ruolo fondamentale che hanno per rilanciare il proprio paese, per combattere contro un misoginismo, gerontocrazia e maschilismo che avvilisce, schiaccia. Le donne sono in prima linea nella famiglia, nei campi, nella gestione di scuole ed uffici, lavorano in silenzio e con passione, guerriere senza riconoscimento.
Il futuro che sarà è il risultato del passato e di quello che è adesso. Non possiamo più stare in silenzio, siamo più grandi di un cortile, possiamo diecimila volte di più di quello che ci hanno sempre detto, abbiamo in noi le redini dell’esistenza, il mistero della nascita e della riscoperta.
Non facciamoci più definire, smettiamo di nasconderci dietro malattie e riconoscimenti di carta che gli altri ci hanno dato senza conoscerci, senza sapere. Mandiamo a quel paese la mediocrità, i l perbenismo, il giusto e lo sbagliato, non abbiamo bisogno del uomo per essere riconosciute, per decidere per noi, è l’uomo che ha bisogno di noi per sentire i suoni con più volume, vedere il mondo con più colori e costruire con emozione, sentimento, rischio e amore vivo, pazzerello, onomatopeico.

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