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Che Quanto fosse un magazine visionario lo si poteva intuire già qualche mese fa, all’uscita del volume uno (ne parlavamo qui: http://bit.ly/2S5JtwT). Un primo volume realizzato con un incredibile incrocio creativo di storie e fantasia, racchiuso in sessantaquattro pagine magnetiche che ho letto con una voracità appassionata.A qualche mese di distanza dal suo esordio è uscito il fatidico volume due del magazine, in tiratura di 500 copie, pronto a spezzare i cuori di voi curiosi lettori di racconti e amanti della bella carta. Una chicca letteraria che non poteva non varcare le porte del Paradiso di Corso Cavour.

Quanto è una rivista indipendente di letteratura speculativa che oltrepassa i confini della logica. Un curioso esperimento culturale in cui fantascienza e distopia si fondono, fino a diventare a tratti follia.
La prima cosa che colpisce di Quanto è la scelta delle carte, accuratamente stampate in un mix di font, spessori e illustrazioni, che rendono il magazine quasi un feticcio da sfogliare e toccare all’occorrenza, un accessorio da comodino. Tutte le carte utilizzate per la stampa vengono poi accuratamente riportate nella quarta di copertina. Roba mai vista, mai letta.
La sovra copertina è iconica: carta semitrasparente in un insolito giallo limone, con logo, scritte e codice a barre in argento metallico. La copertina è l’esatto opposto: è stampata su carta spessa e porosa, ed è di un bellissimo verde acqua.
Da questa appagante esperienza tattile e visiva ecco fuoriuscire una storia viva e coinvolgente, che appassiona, in una lettura lunga e lenta.

Il racconto del volume due stupisce perché, restando al limite del reale, è la rielaborazione della tesi di dottorato dell’antropologo Raymond D. Berger, che tra tribù e rapporto con la morte studia vite ancestrali, tribali e al limite della realtà umana. L’oggetto di studio sono i pigmei Bintù, una popolazione di cacciatori-raccoglitori del Congo orientale, oggi probabilmente estinti.
Un viaggio appassionato tra storia, antropologia e illustrazioni magnetiche. Tutto questo in tre capitoli.
Il primo capitolo si intitola “Canti soavi nella foresta” e narra delle esperienze oniriche di Berger tra le inesplorate foreste congolesi. Il secondo capitolo parla di sogni lucidi, riti di iniziazione e della “Grande Bocca”, la metafora religiosa del nulla che sarebbe derivata dall’incontro con l’occidente. L’avvento della storia e il futuro del villaggio Bintù sono invece i temi del terzo capitolo. Vicende bellissime per le quali “la redazione ignora quanto i fatti narrati siano attinenti alla realtà”.
Se ti piacciono i racconti fantastici, corri in Paradiso a sfogliare Quanto.

O acquistalo qui: http://bit.ly/2vYFn0U

“Gli antichi piumati plasmarono l’Uovo Cosmico col loro canto. Lo covarono con ninne-nanne per secoli e secoli. Infusero nel guscio tutti gli spiriti e tutte le cose. Gli spiriti senza cose erano nulla, le cose senza spiriti erano morte. Quelle vive presero a camminare e a cantare finché la loro fantasia non generò le parole; e i discorsi produssero prima il sogno e poi la realtà”.

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