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If you think you understand quantum machanics, then you don’t.

Richard Feynman

 

Quanto è il punto di incontro tra scienza e magia.
Un veicolo di esplorazione dell'impensato.
Un mezzo di creazione della realtà.

Questo troviamo scritto sulla prima pagina di QUANTO, nuova rivista letteraria che si propone di adottare il genere della fantascienza per raccontare il nostro presente.
Ho avuto il piacere di fare qualche domanda a Giovanni Cavalleri, che abbiamo avuto il piacere di conoscere a Firenze RiVista, per capire quale sia la filosofia che sta dietro al progetto e quale siano le intenzioni future della redazione.

Per cominciare, vorrei chiederti di soddisfare la mia prima e più grande curiosità: perché Quanto?

Il nome Quanto deriva dalla fascinazione per il comportamento dei quanti come descritto dalla meccanica quantistica: sono entità che pur essendo alla base della realtà che percepiamo, presentano comportamenti paradossali che sembrano contraddire le leggi della fisica. È qui che abbiamo individuato il punto d’incontro tra scienza e magia, tra ragione e contraddizione.

Oh, ora che mi sento appagato, possiamo provare a scendere più a fondo. Ti va di parlarmi brevemente della filosofia che sta dietro al progetto?

Quanto è un progetto di letteratura speculativa che origina da un’infinità di spunti e di interessi. Primo tra tutti il piacere della speculazione, della riflessione sul futuro e sul rapporto tra umanità e tecnologia, tra umano e non-umano. Questo macro-tema, declinato da un punto di vista narrativo attraverso la storia mitica di un’Azienda che conquisterà il mondo (anzi, diventerà il mondo stesso), sarà il filo rosso che terrà insieme i diversi numeri del progetto Quanto. La redazione, attraverso numeri di letteratura utopica, distopica ed esotica, vuole mostrare squarci di universi non esistenti ma che si realizzano nella coscienza collettiva dei collaboratori e dei lettori.

Parlando del primo numero, che ho letto con grande piacere e che sto giusto sfogliando mentre parliamo, quali sono secondo te gli intenti della storia che viene narrata, Cronaca di un suicidio annunciuato? Porta un titolo pesante.

Sì, come hai giustamente intuito l’autore ha preso in prestito il titolo da Cronaca di una morte annunciata, di Garcìa Marquez. Nel primo numero il nostro intento era quello di raccontare un intero universo attraverso una sola giornata vissuta da uomini del futuro, ma non volevamo fermarci solo alla narrazione letteraria classica. Abbiamo infatti speculato anche su diverse forme di storytelling, facendo un mix tra vari media narrativi. Abbiamo utilizzato il racconto di Zeno Toppan per sintonizzare l’immaginario di diversi artisti (fumettisti e illustratori) sullo stesso, oscuro, mondo. Abbiamo commissionato un vero e proprio esercizio speculativo, volevamo che i nostri contributor riuscissero a immaginare, insieme a noi, lo stesso, distopico, universo che volevamo tratteggiare.

E quella della coesistenza di varie forme narrative è a mio parere il tratto più interessante e innovativo del progetto.

Sì. L’interesse della redazione non è solo di carattere narrativo: il nostro obiettivo è di produrre un’esperienza immersiva, multimediale e sinestesica. La scelta delle carte, dei colori, delle illustrazioni, intende seguire l’attenzione estetica che caratterizza l’oggetto rivista, cercando di combinare al meglio la qualità narrativa con quella fisica dell’oggetto libro.
Il primo numero, per esempio, è composto non solo dal racconto firmato da Zeno Toppan, che agisce da cornice narrativa, ma anche da molti altri contributi: un prologo e un epilogo a fumetti disegnato da Giovanni Nardone, oltre alle infografiche e alle illustrazioni di ben cinque autori diversi: Manuel Bortoletti, Mariano Pascual, Patrick Savile, Elisa Seitzinger e Can Yang.

E il risultato fisico…

È stampato su quattro diverse carte, in tre inchiostri (due pantoni metallici e il nero), ed è stato stampato con grande cura da Grafiche Antiga. Il progetto grafico è di Paper Paper, il mio studio grafico, che è anche editore del magazine.

Un oggetto che è un piacere sfogliare. E ora, hai accennato al collante che terrà insieme il progetto, ma sai dirmi cosa ci aspetta prossimamente?

I prossimi numeri di Quanto esploreranno altri orizzonti del fantastico, avranno forme narrative e ambientazioni diverse, e continueranno a forzare i limiti del magazine come prodotto editoriale, muovendosi sempre sulla linea di confine tra realtà e finzione. Il secondo numero, in uscita a dicembre, sarà tratto dalla tesi di dottorato di un antropologo francese, Raymond D. Berger, che racconta del periodo a metà degli anni ‘90 nella regione del Nord Kivu, nell’odierna Repubblica Democratica del Congo, trascorso a studiare una tribù pigmea locale.

Quanto è una rivista audace che sovverte le leggi dell’editoria, legate spesso alla parsimonia. Qui il mix di generi narrativi e soluzioni visive spiazza il lettore e lo porta ad essere al centro di un’esperienza di lettura differente da quella a cui è abituato. Quanto è un progetto di narrativa innovativo, una narrativa che non c’è. Che ti porta a dubitare di tutto e, al contempo, a credere a ogni cosa.

Per sfogliare e acquistare Quanto: 

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